Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2024 by Redazione
Un’importante operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha portato alla chiusura delle indagini riguardanti una rete criminale attiva all’interno della Casa circondariale di Catanzaro. Questo sistema, descritto come “Open Gates”, ha rivelato una serie di attività illecite, tra cui lo spaccio di droga e la circolazione di telefoni cellulari. I dettagli, le figure coinvolte e le modalità operative emergono da un’inchiesta complessa che ha scosso le fondamenta del sistema penitenziario calabrese.
Il contesto dell’inchiesta
Origine dell’operazione “Open Gates”
L’inchiesta “Open Gates” è il risultato di un’attenta attività investigativa della Dda di Catanzaro, avviata per monitorare possibili irregolarità all’interno della Casa circondariale. Le segnalazioni iniziali riguardavano comportamenti sospetti tra il personale penitenziario e i detenuti, il che ha spinto gli inquirenti a fare luce su queste dinamiche.
Analizzando i flussi di comunicazione e le movimentazioni all’interno della struttura, gli investigatori hanno scoperto l’esistenza di due distinti gruppi criminosi che operavano in modo coordinato, approfittando della vulnerabilità del sistema penitenziario. Attraverso testimonianze e intercettazioni, sono state raccolte prove di traffico di stupefacenti e di dispositivi illeciti.
Ruolo della Dda e dei carabinieri
La Direzione Distrettuale Antimafia, con il supporto dei carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro, ha svolto un lavoro meticoloso per costruire il caso contro gli indagati. Attraverso operazioni mirate, sono state effettuate perquisizioni e sequestri, culminando nella scoperta di strumenti di pagamento illegali e altre prove di malaffare.
Le indagini, che hanno richiesto un significativo impegno da parte delle forze dell’ordine, hanno portato a un retroterra di sospetti e accuse che coinvolgono non solo i detenuti, ma anche figure chiave all’interno dell’amministrazione penitenziaria.
Gli indagati di spicco
Profili di Angela Paravati e Simona Poli
Tra i 78 indagati, spiccano i nomi di Angela Paravati, ex direttrice della Casa circondariale, e Simona Poli, ex comandante della Polizia penitenziaria. Paravati, 59 anni, ha ricevuto accuse gravi, tra cui concorso esterno in associazione per delinquere e corruzione. Le indagini evidenziano come, in cambio di vantaggi personali, abbia facilitato l’attività criminale all’interno della struttura.
Simona Poli, che ha ricoperto il suo ruolo dal 2018 al 2022, è anch’essa accusata di concorso esterno e di aver collaborato attivamente con i gruppi criminali. Entrambe sono accusate di aver offerto supporto a reti che spacciavano droga e gestivano attività illecite, alimentando così un ciclo di illegalità che minava la sicurezza e l’integrità del sistema carcerario.
Dinamiche del sistema di traffico
Gli approfondimenti investigativi ruotano attorno a come, grazie alla complicità di alcuni agenti e il coinvolgimento di familiari dei detenuti, venissero introdotti in carcere droghe e telefoni. Le modalità operative di questi gruppi dimostrano una notevole organizzazione, con un eco di guadagni illegali che si attestano su cifre considerevoli.
Il grave quadro emerso ha rivelato movimenti di denaro significativi. Durante le indagini sono state rinvenute due carte prepagate su cui sono state registrate operazioni di denaro per valori di 35mila e 15mila euro, rivelando l’estensione e la portata delle attività svolte. Gli inquirenti stanno ora cercando di ricostruire l’intero circuito di traffico e le responsabilità individuali all’interno di questo contesto violento e organizzato.
Prospettive future delle indagini
Ulteriori sviluppi e impatti sul sistema carcerario
Il raggiungimento della fase di chiusura delle indagini non rappresenta la conclusione dell’operazione “Open Gates”, ma piuttosto un inizio per una serie di procedimenti legali che interesseranno i coinvolti. Le autorità competenti ora si preparano a presentare le accuse formalmente e avviare un processo che metta in luce la gravità delle differenze all’interno del sistema carcerario italiano.
Questa indagine fa emergere un problema sistemico di gestione delle carceri, il quale richiede un’attenzione particolare e interventi efficaci. Con i riflettori puntati sul carcere di Catanzaro, gli sviluppi delle indagini potrebbero influenzare non solo l’amministrazione penitenziaria calabrese ma anche la percezione pubblica e le politiche di giustizia del paese. La Dda di Catanzaro continuerà a monitorare attentamente la situazione, puntando a garantire un ambiente di detenzione sicuro e conforme alla legalità.