Ultimo aggiornamento il 19 Agosto 2024 by Redazione
L’approvazione della legge sul Ripristino della natura, entrata in vigore il 18 agosto, rappresenta un passo fondamentale nella strategia europea per la biodiversità. Questa normativa, parte integrante del Green Deal europeo, si propone di affrontare la crisi ecologica attraverso misure mirate al recupero degli ecosistemi degradati. Tuttavia, il percorso per giungere a questa riforma è stato disseminato di ostacoli, con la resistenza di vari Stati membri, inclusa l’Italia, e le contestazioni da parte delle organizzazioni agricole.
Una riforma innovativa: il ripristino degli ecosistemi degradati
L’elemento distintivo di questa legge è la sua enfasi non solo sulla protezione delle aree naturali, ma anche sul ripristino di quelle compromesse. Il piano di attuazione prevede una suddivisione in tre fasi temporali: entro il 2030, il 30% di ogni ecosistema dovrà essere oggetto di interventi di ripristino; il 60% entro il 2040; e infine, il 90% entro il 2050. Questa iniziativa rappresenta un allineamento con gli impegni internazionali stabiliti negli Accordi di Kunming-Montreal e mira a intraprendere un percorso di recupero straordinario.
Un aspetto cruciale della proposta iniziale della Commissione europea prevedeva la destinazione del 10% delle terre agricole per interventi a favore della biodiversità, come la creazione di siepi, la piantumazione di alberi e la valorizzazione di piccoli corpi idrici. Tuttavia, al termine delle negoziazioni, questa misura è stata rimossa dal testo finale. L’approccio moderato adottato è da ricondurre alle forti pressioni esercitate dalle associazioni agricole, che hanno contribuito ad attenuare anche altre disposizioni, come il requisito di riservare il 4% delle superfici agricole per aspetti non produttivi, trasformandolo in una configurazione volontaria.
Le zone umide e il ruolo degli agricoltori
All’interno della legge, il ripristino delle zone umide, inizialmente obbligatorio, è diventato facoltativo per agricoltori e proprietari terrieri. Sarà comunque compito degli Stati membri incentivare questi interventi finanziariamente. In particolar modo, gli obblighi sui singoli agricoltori si limitano alla promozione della biodiversità generale, che sarà valutata attraverso indicatori specifici, come la presenza di farfalle delle praterie e lo stock di carbonio organico nel suolo. Questi indicatori aiuteranno a monitorare il benessere ecologico e a garantire che gli ecosistemi agricoli mantengano elevati standard di diversità.
Tempistiche e piani di ripristino nazionali
Una delle principali responsabilità degli Stati membri consiste nella stesura dei piani nazionali di ripristino, i quali dovranno essere presentati alla Commissione europea entro un termine di due anni. Questi documenti, inizialmente proposti nella forma di bozze, dovranno essere ulteriormente definiti e pubblicati entro sei mesi dall’accoglimento delle osservazioni da parte dell’ente europeo. Si attendono misure strategiche per rispettare le scadenze fondamentali del 2030, 2040 e 2050, arricchite da tempistiche e risorse finanziarie necessarie per l’attuazione.
L’Agenzia europea dell’ambiente avrà un ruolo attivo nel monitoraggio, producendo relazioni tecniche sui progressi registrati verso gli obiettivi previsti dalla legge. È previsto che entro il 2030 si realizzino misure di ripristino in almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Unione, estendendo la copertura a tutti gli ecosistemi bisognosi di recupero entro il 2050.
Impegni aggiuntivi per la biodiversità
Una parte significativa degli obiettivi della legge riguarda il ripristino dei corsi d’acqua e il recupero degli insetti impollinatori, con l’intento di invertire la loro attuale riduzione. Tra le ambizioni più notevoli emerge l’obiettivo di ripristinare almeno 25.000 chilometri di fiumi a flusso libero entro il 2030, nonché di piantare tre miliardi di alberi in più sul suolo europeo nello stesso intervallo temporale. Questi sforzi si inseriscono in una strategia complessiva per preservare e incentivare la diversità biologica, sia negli ecosistemi agricoli che in quelli forestali.
In un momento in cui il cambiamento climatico rappresenta una sfida sempre più urgente, la legge sul Ripristino della natura si pone come un’opportunità cruciale per tutelare il patrimonio ambientale e rispondere ai molteplici cambiamenti indotti dall’attività umana.