Ultimo aggiornamento il 5 Settembre 2024 by Luisa Pizzardi
Un decreto governativo recentemente approvato ha introdotto nuovi vincoli sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, riscrivendo le modalità di accesso alle informazioni per la stampa e i cittadini. Queste misure, pur destando polemiche, si inseriscono in un contesto più ampio di riforma della giustizia e sono già oggetto di dibattito politico e pubblico.
Il decreto del Consiglio dei ministri
Il decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei ministri il 4 settembre, modifica l’articolo 114 del codice di procedura penale, introducendo un divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Fino al completamento delle indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare, il testo di tali ordinanze rimarrà segreto. La decisione di rivedere il regime di pubblicazione è avvenuta nel contesto di una più ampia riforma della legislazione italiana in materia di giustizia, in risposta alle direttive europee. Già a maggio, il Senato aveva approvato un emendamento relativo alla normativa nazionale, iniziativa avviata dal deputato Enrico Costa del partito Azione. Questa norma segna un significativo ritorno rispetto alla riforma del 2017, quando il ministro Andrea Orlando aveva prevalentemente garantito la pubblicità degli atti.
Le nuove regole per la stampa
Sotto il nuovo regime, la stampa avrà accesso esclusivamente al contenuto generico dell’atto, senza possibilità di riportarne il testo letterale. Inoltre, saranno passibili di pubblicazione solo i capi di imputazione, ma le citazioni dovranno avvenire senza l’uso di virgolette, limitando ulteriormente il diritto di cronaca e informazione. Questa limitazione ha sollevato preoccupazioni in merito alla trasparenza del sistema giudiziario italiano e alla possibilità per i cittadini di essere informati in modo adeguato sulle questioni di rilevanza pubblica. L’iter normativo prevede ora ulteriori passaggi, con le commissioni Giustizia di Camera e Senato che avranno sessanta giorni per esprimere eventuali suggerimenti.
Interrogativi al Csm: il caso di Rosanna Natoli
Parallelamente alle modifiche legislative, il Consiglio superiore della magistratura si trova a gestire tensioni interne che mettono a fuoco anche la delicata nomina del procuratore capo di Catania. In particolare, l’attenzione è rivolta alla figura di Rosanna Natoli, rappresentante di Fratelli d’Italia nel Csm, coinvolta in uno scandalo relativo alla comunicazione illecita di atti di inchiesta. Recentemente, Natoli ha presentato al comitato di presidenza del Csm una richiesta di annullamento delle delibere di plenum, sostenendo di essere stata esclusa dalla seduta del 17 luglio con modalità che hanno avuto un impatto psicologico su di lei. Secondo le sue affermazioni, la pressione subita avrebbe avuto come oggetto specifico la lettura pubblica di dichiarazioni contenute in una chiavetta Usb, depositata presso il Csm.
Le ripercussioni sulle nomine
Il caso Natoli ha implicazioni dirette anche sulla nomina a procuratore di Catania, precedentemente assegnata a Francesco Curcio. Alcuni candidati esclusi dal processo di nomina potrebbero valutare di presentare ricorsi, contestando il metodo scelto per l’attribuzione dell’incarico. La questione non si limita a Natoli e Curcio; candidati come Sebastiano Ardita, Ignazio Fonzo e Francesco Puleio hanno visto la loro opportunità vanificata dal decisionismo del Csm. In questo contesto di tensione politica, si attende ora che il comitato di presidenza del Csm esponga la mozione per la rimozione di Natoli, che sarà trattata nel plenum del prossimo 11 settembre. La situazione è in continua evoluzione, e qualsiasi passo fatto dal Csm o dal governo sarà monitorato con attenzione da media e opinione pubblica.