Il postino: il terremoto del ’68 che ha cambiato la nostra vita

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Il postino: il terremoto del '68 che ha cambiato la nostra vita - avvisatore.it

Ultimo aggiornamento il 14 Gennaio 2024 by Redazione

Il terremoto del 1968: un testimone racconta

Gaetano Santangelo, 88 anni, è uno dei testimoni ancora in vita del terremoto che colpì la Valle del Belìce nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968. Originario di Salaparuta, Gaetano era il portalettere del paese negli anni ’60. Oggi, a distanza di 56 anni, racconta con lucidità quei momenti che hanno segnato la sua vita.

Un giorno come tanti

Gaetano ricorda che quel giorno era una domenica come tante altre. Mentre si trovava in campagna a fare la legna, avvertì la prima scossa intorno alle 13. Non pensò che fosse un terremoto, ma quando tornò a casa trovò la sua famiglia preoccupata. La seconda scossa arrivò di notte, e mentre tutto tremava, Gaetano e la sua famiglia si rifugiarono nella casa di campagna. Fu solo allora che si resero conto dell’entità della tragedia: “Intorno c’erano solo morti e macerie”, racconta Gaetano.

La vita nelle baracche

Dopo il terremoto, molti abitanti del Belìce si trovarono senza una casa. Le baracche diventarono i luoghi della speranza, anche se si pensava che sarebbero state temporanee. Gaetano e la sua famiglia vissero in una di queste baracche per ben 16 anni, crescendo i loro figli in ambienti angusti. Nonostante le difficoltà, Gaetano ricorda che fu proprio nelle baracche che si riscoprì la solidarietà tra le persone che condividevano lo stesso destino.

La ricostruzione e il cambiamento

Nel 1982, Gaetano e la sua famiglia si trasferirono nel nuovo centro di Salaparuta. Le strade ampie e gli assetti urbani disegnati a Roma cambiarono radicalmente la vita sociale del paese. Gaetano ammette che la distanza fisica tra le cose ha portato a una trasformazione delle relazioni. A distanza di 56 anni dal terremoto, Gaetano ritiene che parlare ancora di ricostruzione sia ingiusto per gli abitanti di quel territorio che hanno già affrontato tante difficoltà.

Come conclude Gaetano Santangelo, “è tempo di chiuderla per non mortificare ancora noi abitanti di questo territorio”. Il terremoto del 1968 ha segnato profondamente la Valle del Belìce e le vite delle persone che l’hanno vissuto. Le testimonianze come quella di Gaetano ci ricordano l’importanza di preservare la memoria di eventi così tragici, per non dimenticare e per imparare dalle esperienze del passato.

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