Ultimo aggiornamento il 4 Aprile 2024 by Giordana Bellante
Nella vicenda giudiziaria nota come “Camaleonte”, che ruota attorno alle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori di manutenzione di un sovrappasso a “Gallico” di Reggio Calabria appaltati dall’Anas, sono emersi dettagli intricati e riflessioni profonde.
Un Verdetto Sorprendente
Il Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Cristiana Maria De Pasquale, ha emesso un verdetto che ha lasciato molti a bocca aperta: 15 imputati, tra cui imprenditori e dipendenti dell’Anas, sono stati assolti da tutte le accuse mosse nei loro confronti. Questo epilogo inaspettato ha gettato luce su una vicenda intricata e controversa.
Le Accuse e le Assoluzioni
I nomi degli imprenditori Nilo e Giuseppe Morfù, Nicola De Santis, Michelangelo De Angelis, Domenico Musolino e Felice Cappelluccio, insieme ai dirigenti e all’operaio coinvolti nel processo, erano stati coinvolti in una serie di accuse tra cui associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, abuso d’ufficio e corruzione. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che le prove presentate non fossero sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati.
Le Argomentazioni Difensive e le Interrogatività
Un elemento chiave emerso durante il processo è stata la difesa argomentata dall’avvocato Marco Gemelli, che ha sollevato dubbi sull’utilizzo delle intercettazioni come base per le accuse. Questo solleva importanti interrogativi sull’affidabilità delle prove presentate e sulle implicazioni più profonde della vicenda.