Ultimo aggiornamento il 22 Aprile 2024 by Francesca Monti
Introduzione
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 67 depositata di recente, ha dichiarato incostituzionale il requisito della residenza prolungata nella Regione Veneto per accedere all’edilizia residenziale pubblica, ritenendo che tale clausola contrasti con i principi di eguaglianza e ragionevolezza previsti dall’art. 3 della Costituzione. La decisione della Consulta si concentra sull’art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39, aprendo la strada a una nuova interpretazione del diritto all’abitazione e della destinazione sociale degli immobili pubblici.
1. ‘illegittimità del requisito della residenza prolungata
Il requisito della residenza prolungata nella Regione Veneto, calcolato nell’arco di dieci anni e maturato anche in forma non continuativa, è stato ritenuto dalla Corte costituzionale privo di una ragionevole correlazione con il soddisfacimento dell’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di bisogno. Inoltre, tale criterio si scontra con la realtà di chi, in stato di bisogno, si vede più di frequente costretto a trasferirsi da un luogo all’altro alla ricerca di opportunità di lavoro.
1.1. La permanenza nella Regione non garantisce un futuro radicamento
Secondo la Corte, la permanenza per almeno cinque anni nella Regione non è indicativa di un futuro radicamento nel territorio, né serve a valorizzare il tempo di attesa nell’accesso al beneficio, un’esigenza che potrebbe invece riflettersi nell’anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione. Pertanto, la Corte ravvisa l’adozione di un criterio irragionevole che si traduce nella violazione del principio di eguaglianza formale tra chi può e chi non può vantare una condizione, come la prolungata residenza nel territorio regionale, del tutto scollegata dal proprio stato di bisogno.
2. Il contrasto con il principio di eguaglianza sostanziale
Il requisito della residenza prolungata contrasta anche con il principio di eguaglianza sostanziale, poiché tradisce la naturale destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili dell’edilizia residenziale pubblica. In questo senso, la Corte sottolinea come la clausola della residenza prolungata sia incompatibile con la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica e il diritto inviolabile all’abitazione, funzionale a garantire che “la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana”.
2.1. Il diritto all’abitazione come diritto inviolabile
‘accesso all’edilizia residenziale pubblica, in quanto strumento per garantire il diritto all’abitazione, deve essere regolato in modo da soddisfare le esigenze abitative di tutti, indipendentemente dalla durata della residenza nella Regione. La decisione della Corte costituzionale ribadisce l’importanza di tutelare il diritto all’abitazione come diritto inviolabile, riconoscendo che le restrizioni imposte dalla legge regionale veneta non siano giustificate e ledano i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza.
3. ‘impatto della sentenza sulle politiche abitative regionali
La sentenza della Corte costituzionale avrà un impatto significativo sulle politiche abitative regionali, in particolare in Veneto, dove la clausola della residenza prolungata è stata dichiarata illegittima. Le Regioni dovranno ora rivedere i criteri di accesso all’edilizia residenziale pubblica, tenendo conto della decisione della Consulta e assicurando che le politiche abitative siano conformi ai principi di eguaglianza e ragionevolezza previsti dalla Costituzione.
3.1. Un nuovo approccio alle politiche abitative
Alla luce della sentenza, sarà necessario adottare un nuovo approccio alle politiche abitative, che tenga conto delle esigenze dei cittadini in stato di bisogno e garantisca il diritto all’abitazione come diritto inviolabile. Questo potrebbe comportare l’introduzione di nuovi criteri di accesso all’edilizia residenziale pubblica, come l’anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione, che riflettano più equamente le esigenze abitative e rispettino i principi costituzionali. La decisione della Corte costituzionale rappresenta un importante passo avanti verso la tutela del diritto all’abitazione e la promozione di politiche abitative più eque e inclusive.