Ultimo aggiornamento il 3 Febbraio 2024 by Redazione
La shrinkflation: quando il contenuto si fa più leggero ma il prezzo no
L’inflazione “pura” potrebbe essere in rallentamento, ma i consumatori dovrebbero fare attenzione ad un fenomeno che può incidere sul loro potere d’acquisto reale: la shrinkflation. Questo termine indica la tendenza dei produttori a ridurre la quantità effettiva di prodotto all’interno delle confezioni, mantenendo invariato il prezzo. Secondo un monitoraggio condotto da Altroconsumo, negli ultimi mesi sono state riscontrate variazioni significative nel quantitativo di prodotto all’interno delle confezioni, con un aumento dei costi al chilo o al litro fino al 200%, anche a causa dell’inflazione. In pratica, le confezioni subiscono qualche modifica estetica o magari vengono aggiunti nuovi ingredienti, ma contemporaneamente il peso del contenuto si riduce. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica.
Esempi di shrinkflation: detersivi, snack e prodotti alimentari
Tra i casi più evidenti di shrinkflation emergono alcuni prodotti ben noti. Ad esempio, il detersivo per piatti Nelsen ha ridotto la sua confezione da un litro a 850 ml, con un aumento del prezzo al litro del 53%. Anche le Pringles Originals hanno subito una riduzione delle confezioni, passando da 200 a 175 grammi, con un aumento del prezzo al chilo del 22%. Anche la linea di prodotti della Nocciolata Rigoni di Asiago ha subito una riduzione delle confezioni, passando da formati da 270, 350 e 700 grammi a formati da 250, 325 e 650 grammi, con un aumento del prezzo al chilo che va dall’11% al 38%. Anche gli yogurt greci delle marche Delta (Yomo) e Fage hanno subito una riduzione delle confezioni, passando da vasetti da 170 a 150 grammi, con un aumento del prezzo al chilo del 30% per Delta e del 65% per Fage.
Altre pratiche che rendono difficile fare scelte consapevoli
Durante il monitoraggio, Altroconsumo ha rilevato anche altre pratiche messe in atto dai produttori che rendono difficile fare scelte consapevoli durante la spesa. Ad esempio, alcune marche immettono sul mercato formulazioni speciali o ricette premium, riducendo il contenuto rispetto alla versione classica. In questo modo, il produttore riesce a mantenere il prezzo della confezione in linea con quello standard, garantendosi una platea di acquirenti più vasta, pur commercializzando confezioni con quantità di prodotto inferiori. Inoltre, alcuni prodotti vengono venduti in formati diversi a seconda del punto vendita, rendendo difficile per il consumatore fare valutazioni univoche e confrontare efficacemente i prezzi. Questa modalità è presente per bibite, detersivi, ammorbidenti e prodotti per l’igiene personale, come gli assorbenti, che possono essere presenti in assortimenti formati differenti a seconda dei supermercati.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria per verificare che le strategie adottate dai produttori non costituiscano una pratica commerciale scorretta e violino il Codice del Consumo. Tuttavia, l’Antitrust ha deciso di archiviare il provvedimento, considerando la diffusa consapevolezza sul fenomeno e non riconoscendo una mancanza di trasparenza da parte dei produttori. Altroconsumo continuerà a monitorare e segnalare queste pratiche commerciali.
L’unica soluzione possibile per i consumatori è prestare maggiore attenzione durante gli acquisti, valutando la reale convenienza degli articoli sugli scaffali, controllando il formato del prodotto, il peso o il volume e verificando il prezzo al chilo o al litro.