L’arresto di Leonardo Bertulazzi, noto membro della colonna genovese delle Brigate Rosse, in Argentina segna un momento significativo nella lotta contro il terrorismo di matrice politica. Bertulazzi, condannato in Italia a 27 anni di reclusione per il sequestro dell’ingegnere navale Piero Costa nel 1977, è stato catturato dopo la revoca del suo status di rifugiato argentino. Grazie alla sinergia tra le autorità giudiziarie italiane, argentine e Interpol, l’operazione si è conclusa con successo, preparando così la strada per la sua estradizione in Italia.
Leonardo Bertulazzi, conosciuto nel circuito delle Brigate Rosse con il nome di battaglia “Stefano”, ha un passato segnato da crimini di stampo terroristico. Il suo nome è intrinsecamente legato al clamoroso sequestro di Piero Costa, avvenuto il 12 gennaio 1977 a Genova. Costa, allora 42enne e membro di una delle famiglie di armatori più facoltose della città, fu prelevato davanti alla propria abitazione di Castelletto da un gruppo di banditi armati. Due uomini lo trascinarono all’interno di una Fiat 132, mentre i complici ostacolavano il traffico con una Fiat 125, permettendo così la fuga.
L’operazione di sequestro aveva inizialmente previsto una richiesta di riscatto di 10 miliardi di lire, cifra che successivamente fu rivisitata a 5 miliardi, e infine ridotta a 1 miliardo e 500 milioni di lire. Le trattative tra i rapitori e la famiglia Costa si rivelarono complesse e tese, ma alla fine furono portate a termine. Il pagamento avvenne il 26 marzo 1977 nel parco di Villa Sciarra a Roma. Piero Costa, tenuto prigioniero sotto la custodia di Riccardo Dura, fu liberato il 4 aprile, in una condizione precaria, con mani e piedi legati.
L’importanza dell’operazione di arresto di Bertulazzi ha trovato eco anche in sede politica. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “profondo apprezzamento” nei confronti delle autorità argentine, sottolineando l’importanza della restituzione della giustizia dopo decenni di latitanza. La revoca dello status di rifugiato, che Bertulazzi aveva ottenuto nel 2004, ha rappresentato un passo cruciale nel riconoscimento della pericolosità del soggetto e nell’inizio di un’azione concertata per la sua cattura.
Il comunicato ufficiale evidenzia come l’arresto sia stato facilitato da una cooperazione fruttuosa tra diverse giurisdizioni. Le autorità argentine, in sinergia con gli agenti dell’Intelligence italiana e rappresentanti della Polizia, hanno effettuato una operazione congiunta. È stata presente a Buenos Aires una squadra di funzionari provenienti da vari dipartimenti, inclusi la Digos di Genova e il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, dimostrando così un impegno che va oltre i confini nazionali nella lotta contro il terrorismo.
L’operazione di arresto è avvenuta sotto l’attenta supervisione dell’Intelligence italiana e di altre forze di polizia. Le misure restrittive applicate nei confronti di Bertulazzi evidenziano l’efficacia dell’approccio multinazionale nella lotta contro il crimine politico. Con la notifica formale dell’arresto, Bertulazzi attende ora l’estradizione in Italia, dove dovrà scontare il resto della pena inflitta.
L’estradizione di Bertulazzi rappresenta un punto di svolta significativo non solo per quanto riguarda i crimini commessi durante gli anni di piombo in Italia, ma anche per il messaggio che l’azione legale contro i soggetti legati al terrorismo invia all’opinione pubblica. La cattura di un personaggio così emblematico delle Brigate Rosse solleva interrogativi sull’eredità del terrorismo in Italia e sull’importanza della giustizia in un contesto storico caratterizzato da violenze politiche.
La cattura di Bertulazzi mette in luce l’urgenza di trattare le questioni legate alla sicurezza e alla giustizia, non solo per quanti hanno sofferto le conseguenze del terrorismo, ma anche per garantire un futuro più sicuro e giusto alla società.
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