Ultimo aggiornamento il 24 Settembre 2024 by Giordana Bellante
Una recente sentenza ha completamente scagionato i sette imputati coinvolti nell’inchiesta “Erebo Lacinio”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro. La decisione, che ha portato all’assoluzione di tutti gli imputati con la motivazione che “il fatto non sussiste”, è stata emessa dal giudice dell’udienza preliminare Sara Merlini al termine di un processo con rito abbreviato. L’accusa aveva contestato loro gravi reati, tra cui l’associazione a delinquere, la truffa aggravata e vari illeciti amministrativi legati alla gestione di rifiuti.
I dettagli dell’inchiesta “Erebo Lacinio”
Origine del procedimento giudiziario
L’inchiesta “Erebo Lacinio” ha posto sotto la lente dell’autorità giudiziaria le attività della società “Le verdi praterie”, specializzata nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La Procura sosteneva che la società avesse gestito il proprio impianto di produzione in modo non conforme alla normativa vigente, causando anche sversamenti illeciti di rifiuti. Gli accertamenti hanno rivelato una serie di irregolarità che avrebbero potuto compromettere la salute pubblica e l’ambiente.
Il ruolo degli imputati
Tra i principali imputati emerge Antonella Stasi, ex vicepresidente della Regione e attuale amministratore della società “Le verdi praterie”. Insieme a lei, il fratello Roberto Stasi, un consulente, e altri dipendenti dell’azienda, tra cui Massimo Francesco Carvelli, Anna Crugliano, Salvatore Esposito, Antonio Muto, Raffaele Rizzo e Salvatore Succurro. Le accuse mosse nei loro confronti variavano dall’associazione per delinquere alla truffa aggravata, fino a violazioni della legislazione ambientale.
Gli sviluppi del processo
Ingiustificata presenza di prove?
Il legale di Antonella Stasi, avvocato Francesco Verri, ha sottolineato l’importanza di quattro consulenze tecniche che si sono rivelate determinanti nel processo. Questi accertamenti, insieme a due giudizi cautelari favorevoli, hanno permesso di dimostrare la non sussistenza dei fatti contestati. Il legale ha enfatizzato come le evidenze presentate in aula abbiano dimostrato l’innocenza dei propri assistiti, contribuendo a dissipare nuvole di sospetto nei loro confronti.
Revoca del sequestro dei beni
Uno degli aspetti significativi della sentenza è stata la revoca del sequestro dei beni mobili e immobili appartenenti alla società “Le verdi praterie”. Il gup ha disposto tale misura, considerata non più giustificata alla luce delle risultanze del processo. Questo passaggio rappresenta un passo importante per il ripristino della reputazione della società, che può ora procedere senza ulteriori restrizioni.
Impatto della sentenza sulla società e l’ambiente
Ritorno alla normalità per l’azienda
Con la completa assoluzione degli imputati e la revoca del sequestro, “Le verdi praterie” è ora nelle condizioni di riprendere le proprie attività in un contesto di maggiore serenità e stabilità. L’azienda, tornata a essere operativa, è chiamata a ripristinare la fiducia nei confronti dei propri stakeholder e della comunità locale. La sentenza costituisce una sconfitta per il pubblico ministero, ma al contempo un’opportunità di rinnovamento e un invito a operare secondo le normative vigenti.
Riflessioni sul sistema di gestione dei rifiuti
Questo caso solleva interrogativi sull’efficacia delle politiche di gestione dei rifiuti e sulla capacità del sistema giudiziario di affrontare le situazioni di illeciti ambientali. L’assoluzione degli imputati potrebbe portare a una riflessione più approfondita sui meccanismi di controllo e sulla necessità di un intervento normativo che garantisca una vigilanza efficace sulle attività che hanno il potenziale di danneggiare l’ambiente e la salute pubblica.
La sentenza ha significativi risvolti non solo per gli accusati, ma anche per le istituzioni, le aziende e i cittadini, richiamando l’attenzione sulle pratiche di gestione dei rifiuti in Calabria.