In vista della manovra finanziaria per il 2025, la CGIL manifesta una ferma opposizione all’ipotesi di rivedere la rivalutazione delle pensioni in relazione all’inflazione. Secondo il sindacato, questa misura potrebbe rappresentare un ulteriore prelievo sulle pensioni che già hanno subito tagli significativi negli ultimi anni. L’analisi condotta rivela come i pensionati si trovino di fronte a perdite considerevoli nei prossimi anni, con cifre che possono arrivare a quasi 40mila euro nel lungo periodo.
La CGIL, insieme al Sindacato dei Pensionati Italiani , sottolinea l’importanza di mantenere intatta la rivalutazione delle pensioni, già compromessa in anni passati. Dallo studio emerge che per il 2025 si prevede un recupero di circa un miliardo di euro da parte del governo. Questa cifra si aggiungerebbe ai dieci miliardi già tagliati nell’ultimo biennio, creando un ulteriore peso economico per i pensionati. La CGIL definisce questa proposta come “inaccettabile”, evidenziando l’impatto negativo che avrà sulle persone che, con anni di lavoro e contribuzione, si aspettano una pensione dignitosa.
Le simulazioni presentate mostrano che nel triennio 2023-2025, una pensione netta di 2.029 euro, invece di aumentare come ci si aspetterebbe con l’inflazione, subirà una perdita complessiva di 3.571 euro. Non meglio va per le pensioni più elevate: chi percepisce 2.646 euro netti vedrà un impatto economico ancora più severo, con una perdita che si aggira intorno a 4.534 euro. Confrontando diverse fasce pensionistiche, il calcolo suggerisce che l’entità della perdita potenziata si tradurrà in un impoverimento significativo della loro qualità di vita.
Secondo il Dipartimento Previdenza della CGIL e dello SPI, l’analisi delle simulazioni offre uno scenario preoccupante riguardo ai tagli delle pensioni previsti per il 2025. Ad esempio, chi percepisce una pensione netta di 1.732 euro subirà un taglio complessivo di 968 euro. Alcuni pensionati potrebbero anche trovarsi in situazioni precarizzate, con un futuro finanziario incerto e un abbassamento della loro capacità di spesa.
Le conseguenze di queste misure ricadranno non solo sui bilanci mensili, ma avranno effetti significativi sull’intera vita pensionistica. Secondo le proiezioni, un pensionato con una pensione netta di 1.732 euro potrebbe accumulare una perdita di ben 8.772 euro nell’arco della vita, mentre chi ha una pensione di 2.646 euro potrebbe arrivare a perdere addirittura 44.462 euro. Questa variazione rappresenta una significativa sottrazione di reddito, alimentando il dibattito sulla sostenibilità del sistema pensionistico e sulla giustizia sociale.
In questo delicato contesto, la CGIL e lo SPI non intendono rimanere in silenzio. Il sindacato è pronto a intraprendere tutte le azioni necessarie per opporsi a tali misure, sia attraverso il dialogo con il governo sia attraverso una possibile mobilitazione dei pensionati. La lotta per una adeguata rivalutazione delle pensioni non riguarda solo gli attuali beneficiari, ma si estende a tutti coloro che, contribuendo per anni al sistema, potrebbero vedersi privati dei diritti acquisiti.
Rispondere a tali sfide non è solo una questione economica ma anche etica. Tutte le parti coinvolte hanno il compito di garantire che la dignità dei pensionati sia preservata, non solo per il benessere individuale, ma per il rafforzamento dell’intera società. La situazione attuale richiede un dialogo costruttivo e scelte politiche che possano ridurre le disparità e offrire un futuro più equo per tutti i cittadini.
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