Chef italiani in cerca di successo oltre confine - avvisatore.it
L’Italia, patria di una delle tradizioni culinarie più rinomate al mondo, sta perdendo non solo talenti ma anche numerosi aspiranti chef. Secondo un report della Reuters, intitolato “L’Italia non è un paese per giovani chef”, molti di loro sono sottopagati, costretti a turni massacranti e senza prospettive. Di conseguenza, molti giovani chef decidono di cercare fortuna all’estero, in particolare negli Stati Uniti, a New York.
Un esempio emblematico è quello di Davide Sanna, originario della Sardegna, che ha dovuto fare le valigie e trasferirsi oltreoceano per inseguire il suo sogno. Davide ha iniziato a lavorare nelle cucine di vari ristoranti in Sardegna all’età di 19 anni. Nonostante le lunghe giornate di lavoro, che spesso superavano le 60 ore settimanali, guadagnava al massimo 1800 euro al mese. La svolta è arrivata quando un collega gli ha suggerito di contattare un ristoratore alla ricerca di cuochi a New York. Davide ha colto al volo l’opportunità e ha accettato l’offerta. Oggi, a 25 anni, lavora presso il rinomato ristorante italiano “Piccola Cucina” nel quartiere di SoHo, guadagnando circa 7000 dollari al mese per 50 ore settimanali. “Qui ci sono contratti regolari, nulla è in nero. Se lavori un minuto in più, vieni pagato. Non è come in Italia”, ha spiegato Davide. Un altro giovane chef che ha scelto di “fuggire” è Roberto Gentile, siciliano di 25 anni. Dopo aver lavorato in Spagna e nel Regno Unito, ora è chef presso il ristorante francese due stelle Michelin “Le Suquet” vicino a Tolosa. Nonostante la sua passione per la cucina italiana e il desiderio di tornare nel Bel Paese, Gentile ha sottolineato che i freni economici non giocano a suo favore. “Dopo aver acquisito esperienza all’estero e raggiunto un certo livello, la speranza sarebbe di tornare in Italia in cerca di un ruolo adeguato e uno stipendio decente. Ma non succede. Dove mi vedo tra cinque anni? Non in Italia”, ha dichiarato.
Ci sono anche coloro che hanno provato a fare ritorno in Italia, come Giorgia Di Marzo. Dopo aver lavorato nel Regno Unito, Giorgia è tornata in Italia e ha aperto un ristorante a Gaeta. Tuttavia, sta facendo fatica a sopravvivere a causa dei costi elevati di gestione e del personale. Di conseguenza, può offrire solo contratti trimestrali ai suoi dipendenti, soprattutto durante i periodi di bassa stagione. Inoltre, l’autrice dell’articolo sottolinea un altro problema diffuso in Italia: il lavoro nero nel settore della ristorazione. Molti ristoratori, per far fronte alle difficoltà economiche, scelgono di non dichiarare il personale, alimentando così l’economia sommersa.
In conclusione, l’Italia sta perdendo numerosi giovani chef che cercano opportunità migliori all’estero. Le condizioni di lavoro precarie, i bassi stipendi e la mancanza di prospettive sono i principali motivi che spingono questi talenti a cercare fortuna altrove. Se l’Italia vuole trattenere i suoi giovani chef e valorizzare la sua tradizione culinaria, è necessario affrontare questi problemi e creare un ambiente di lavoro più favorevole e stimolante per i talenti emergenti.
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