Ultimo aggiornamento il 18 Gennaio 2024 by Redazione
Terapie per l’Alzheimer: la stimolazione dopaminergica potrebbe ridurre i sintomi
Contrastare il “ladro della memoria” con terapie già disponibili per il Parkinson potrebbe essere una soluzione per le prime fasi della malattia di Alzheimer. Uno studio condotto dall’Università Campus Bio-Medico (Ucbm) e dalla Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma ha dimostrato che la stimolazione dopaminergica può ridurre l’ipereccitabilità dell’ippocampo, una condizione alla base dell’insorgenza di epilessia e del progressivo danno cognitivo nella malattia di Alzheimer.
La ricerca per una diagnosi precoce dell’Alzheimer
In Italia, oltre 600mila persone vivono con la malattia di Alzheimer, la principale causa di demenza. Attualmente, la diagnosi si basa esclusivamente sui sintomi riportati al neurologo dal paziente e misurati dal neuropsicologo. Tuttavia, la ricerca sta cercando sempre più soluzioni per riconoscere precocemente l’Alzheimer. Uno dei filoni promettenti riguarda lo studio delle aree del cervello responsabili della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore il cui deficit è spesso associato alla malattia di Parkinson. L’équipe di Marcello D’Amelio, responsabile del Laboratorio di Neuroscienze Molecolari dell’Irccs Santa Lucia e professore ordinario di Fisiologia umana dell’Università Campus Bio-Medico, si è concentrata sull’Area tegmentale ventrale (Vta), un’area cerebrale coinvolta nella produzione di dopamina e collegata a diverse funzioni cerebrali. Lo studio ha confermato che i livelli di dopamina nell’ippocampo, l’area cerebrale responsabile della memoria, svolgono un ruolo nella fase preclinica dell’Alzheimer, caratterizzata da ipereccitabilità corticale e piccoli episodi epilettici.
Agire prima dei sintomi evidenti
Secondo D’Amelio, agire prima che il paziente manifesti sintomi evidenti della malattia è molto complesso, ma fondamentale per preservare i neuroni. Uno studio precedente ha permesso di identificare in modo precoce i pazienti che svilupperanno l’Alzheimer, isolandoli da quelli che, nonostante le lesioni tipiche, sono a minor rischio. Nel nuovo studio, gli scienziati hanno utilizzato farmaci noti per la loro efficacia nella malattia di Parkinson per preservare l’attività neuronale nelle aree colpite dall’Alzheimer, riducendo l’ipereccitabilità ippocampale e contribuendo al rallentamento del declino cognitivo.
La ricerca sull’Alzheimer sta aprendo nuove prospettive per una diagnosi precoce e terapie mirate. Identificare specifiche alterazioni di eccitabilità corticale potrebbe diventare un biomarcatore di malattia, consentendo ai medici di intraprendere il percorso terapeutico più adatto. La stimolazione dopaminergica potrebbe rappresentare una soluzione efficace per ridurre i sintomi nelle prime fasi della malattia di Alzheimer.