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Detenuti a Bollate: oltre 700 lavorano per il reinserimento

Il lavoro come strumento di reinserimento sociale nel carcere di Bollate

Il carcere milanese di Bollate continua a investire nelle attività professionali per i detenuti, offrendo loro opportunità di lavoro come esperienze “normalizzanti” in un contesto che rischia spesso di essere alienante. Attualmente, sono oltre 700 i detenuti che lavorano all’interno del secondo istituto penitenziario milanese, con 174 di loro assunti da aziende private e oltre 350 impegnati a turnazione nelle attività del carcere. Altri 211 detenuti svolgono lavoro esterno, in base all’articolo 21.

Il tema del lavoro per i detenuti è stato al centro di un convegno intitolato “Partnership Pubblico-Privato: l’impatto positivo per comunità e aziende”, organizzato in collaborazione con The European House Ambrosetti. Durante l’evento, il sottosegretario al Ministero della Giustizia, Andrea Ostellari, ha sottolineato l’importanza del modello di Bollate, definendolo un esempio per molte carceri italiane. Ostellari ha spiegato che la maggior parte dei detenuti a Bollate, dopo un periodo di formazione, sconta la propria pena attraverso il lavoro. Questo permette loro di rieducarsi, allo Stato di risparmiare sulle spese di mantenimento e alla comunità di essere più sicura. Secondo Ostellari, il 98% dei detenuti che impara un mestiere smette di delinquere una volta tornato in libertà.

Il direttore del carcere di Bollate, Giorgio Leggieri, ha sottolineato che i risultati positivi ottenuti sono il frutto del lavoro di tutti coloro che si impegnano quotidianamente per rendere Bollate un carcere d’eccellenza. In particolare, ha evidenziato lo sforzo del personale di Polizia Penitenziaria, che ha adottato un modello di sicurezza basato sulla conoscenza delle persone e sul rapporto diretto con i datori di lavoro. Questo approccio ha contribuito a creare un ambiente di lavoro più sicuro e a favorire la reinserimento sociale dei detenuti.

Il carcere di Bollate dimostra che il lavoro può essere uno strumento efficace per il reinserimento sociale dei detenuti. Offrire loro opportunità di lavoro non solo permette loro di acquisire competenze professionali, ma anche di riacquistare fiducia in se stessi e di sentirsi utili alla società. Inoltre, il lavoro in carcere riduce le spese di mantenimento per lo Stato e contribuisce a creare una comunità più sicura una volta che i detenuti tornano in libertà. Il modello di Bollate è un esempio da seguire per altre carceri italiane, che possono trarre ispirazione da questa esperienza positiva e adattarla alle proprie realtà. Il lavoro non solo offre una prospettiva di futuro ai detenuti, ma rappresenta anche un’opportunità per la società di costruire un sistema penitenziario più efficace e orientato al recupero dei detenuti.

Redazione

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