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Il tragico attentato a Paolo Borsellino: 32 anni dopo

Il 19 luglio 1992 segnò una ferita profonda nel cuore di Palermo, quando un attentato mafioso in via Mariano d’Amelio portò alla tragica morte del magistrato Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta. L’evento, avvenuto alle 16:59 di quel giorno fatidico, sconvolse l’Italia intera e sottolineò la violenza dell’azione criminale che seguì l’omicidio del collega Giovanni Falcone, avvenuto solo 57 giorni prima a Capaci.

Una vita spezzata troppo presto

Paolo Borsellino, all’epoca 52enne, venne ucciso mentre stava facendo visita alla madre. L’attentato, perpetrato con una Fiat 126 carica di esplosivo, si rivelò come uno dei momenti più tragici di quella stagione stragista mafiosa, innescata dalla condanna dei principali boss al termine del maxiprocesso di Palermo, tra cui spiccano i nomi di Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Una morte annunciata

Giudice istruttore nel processo che aveva condannato i capi della mafia, Borsellino sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra. Nonostante le informative del Ros che segnalavano il pericolo imminente, i livelli di protezione non furono ritenuti adeguati. Il rifiuto della famiglia Borsellino di celebrare i funerali di Stato metteva in luce il dissenso riguardo alla sicurezza fornita al magistrato, il cui funerale si svolse privatamente, ma non passò inosservato, con migliaia di persone presenti.

Reazione civile e impegno contro la mafia

L’assassinio di Paolo Borsellino, ancor più dopo la morte di Falcone, scatenò una forte ondata di indignazione nell’opinione pubblica italiana. Questo evento rinnovò l’impegno civile contro la mafia e spinse molte persone a schierarsi apertamente contro il dilagare di quel fenomeno criminale che minava le fondamenta della società.

Le indagini e il mistero dell’agenda rossa

Le indagini successive all’attentato si rivelarono complesse, segnate da accuse di depistaggi e sospetti di connivenze tra mafia e apparati statali. Al centro di polemiche e dubbi, vi fu il destino dell’“agenda rossa” svanita dalla valigetta di Borsellino poco dopo l’attentato. Questo tassello mancante, considerato da molti come la chiave per svelare i segreti di una pagina oscura della storia italiana, rimase irrisolto, alimentando il mistero e la diffidenza nell’opinione pubblica.

Giordana Bellante

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