La questione del Pratone di Torre Spaccata, un’area di circa 60 ettari al confine est della capitale italiana, è tornata prepotentemente alla ribalta dopo che, mercoledì 21 agosto, un incendio ha colpito la zona, causando feriti tra i soccorritori. Questo lembo di territorio, che negli anni ha sfuggito l’espansione edilizia di Roma, è bersaglio di un acceso dibattito tra i sostenitori della creazione di un parco e chi invece promuove la costruzione di nuove strutture. La storia di questo luogo riflette una tensione tra le esigenze urbanistiche e quelle ecologiche, rendendolo un simbolo delle problematiche legate allo sviluppo sostenibile di Roma.
Il Pratone di Torre Spaccata si estende per 60 ettari e confina con importanti arterie stradali: la via Togliatti, via di Torre Spaccata, via Sommariva e via Lizzani. Essendo una zona strategica, la sua gestione è al centro di una complessa disputa che coinvolge vari attori, tra cui comitati cittadini, il Comune di Roma e grandi enti come la Cassa depositi e prestiti . In passato, il Pratone era visto come un’area destinata all’edificazione secondo il piano regolatore, ma recenti eventi hanno riacceso la polemica sul suo futuro.
I comitati locali propongono di trasformare il Pratone in un parco pubblico, come evidenziato in una delibera di iniziativa popolare. Tale proposta impegna l’amministrazione comunale all’espropriazione dell’area e alla realizzazione di un progetto di valorizzazione del verde. Il sostegno dei cittadini per questa iniziativa si basa su una visione di una Roma più verde, capace di preservare spazi naturali e contribuire alla sostenibilità ambientale. La realizzazione di un parco potrebbe anche migliorare la qualità della vita degli abitanti della zona, offrendo un’importante area di svago e attività all’aperto.
Su entrambi i fronti, le posizioni sono fortemente contrapposte. La CDP, proprietaria del terreno, ha cercato da tempo di cedere l’area, sfruttando un vincolo edificatorio per attrarre investitori. Con l’arrivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , sembrava che l’area potesse finalmente avere una destinazione ben precisa, con Cinecittà Studios identificata come potenziale acquirente. Il progetto prevedeva la realizzazione di otto teatri di posa e un cospicuo incremento di edificazioni, riducendo la porzione di verde pubblico a un terzo dell’intera superficie.
Tuttavia, il piano ha suscitato forti opposizioni. Maurizio Veloccia, in un’intervista, ha cercato di placare gli animi, enfatizzando il tentativo di trovare un giusto compromesso tra esigenze economiche e preservazione di spazi verdi. Tuttavia, la situazione è diventata instabile quando i fondi Pnrr sono stati ritirati a causa di vincoli archeologici. Questa ritirata ha portato Cinecittà a interrompere la trattativa con la CDP, riportando la questione al punto di partenza e generando ulteriore incertezza sul futuro del terreno.
La questione dei vincoli archeologici è centrale nel dibattito sul futuro del Pratone. Al momento, solo un vincolo è stato formalmente posto, mentre altri tre sono in fase di valutazione. I comitati locali stanno facendo pressioni sul ministero della cultura per ottenere una maggiore tutela dell’area, richiedendo anche l’estensione del vincolo paesaggistico. Questa è una risposta a preoccupazioni più ampie che riguardano la continuità storica, archeologica e ambientale del Pratone, legata a importanti siti e reperti presenti nelle vicinanze.
I sostenitori della protezione del Pratone stanno quindi argomentando che l’area, essendo adiacente a importanti beni archeologici come le Catacombe e le ville imperiali, meriti una colocazione privilegiata nel contesto della conservazione e valorizzazione patrimoniale. La situazione attuale evidenzia la necessità di un dialogo costruttivo tra le diverse parti coinvolte. Solo attraverso una cooperazione tra enti governativi, comitati cittadini e investitori privati sarà possibile giungere a una soluzione che riesca a conciliare sviluppo urbano e tutela dell’ambiente, nonché a rispondere alle esigenze storiche e culturali di Roma.
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