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Italia al giro di boa: chiusura delle centrali a carbone nel piano di transizione energetica

La transizione energetica in Italia prosegue con decisioni critiche riguardo alla chiusura delle centrali a carbone. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima del governo, presentato a Bruxelles, evidenzia i passi decisivi verso il phase out, ovvero l’abbandono progressivo di queste fonti inquinanti. In questo contesto, si esamina la situazione degli impianti e le esigenze per la piena implementazione delle rinnovabili.

La situazione attuale delle centrali a carbone

Dettagli sulle dismissioni previste

Il PNIEC, presentato a giugno, annuncia la chiusura definitiva di diverse centrali, tra cui i quattro gruppi della centrale Enel di Fusina, in Veneto, che complessivamente generano 760 megawatt. A questi si aggiunge l’impianto di La Spezia, con una potenza di 600 MW, e la centrale di Monfalcone, di 315 MW, quest’ultima non più autorizzata ad operare nei mercati dell’energia a partire da aprile 2024. Queste dismissioni derivano dall’esigenza di rispondere al calo delle forniture di gas russo, accentuato dal conflitto in Ucraina, e dal conseguente aumento del consumo energetico da fonti alternative.

Il completamento del phase out coinvolge una serie di centrali che, insieme, rappresentano circa 4.650 megawatt di potenza totale. In particolar modo, è in Sardegna che si concentra una parte significativa della transizione, con 1.000 MW da dismettere. Questo sottolinea non solo la necessità di chiudere questi impianti, ma anche l’urgenza di garantire la sicurezza e la stabilità della rete elettrica italiana durante la transizione.

Le condizioni per la transizione

Sviluppo delle energie rinnovabili e collegamenti elettrici

Per garantire il definitivo spegnimento delle centrali a carbone, il governo italiano sta sottolineando l’importanza di sviluppare ulteriormente le fonti rinnovabili. Questo implica non solo l’aumento della capacità di produzione da impianti eolici e solari, ma anche il potenziamento della rete elettrica attraverso nuove interconnessioni. Stanno prendendo forma due progetti chiave: il Tyrrhenian Link, che collegherà la Sicilia, la Sardegna e la penisola, e il SACOI 3, che migliorerà il collegamento tra Sardegna, Corsica e Italia.

Il completamento di questi progetti è essenziale non solo per garantire la stabilità della rete, ma anche per permettere che, entro il 2025, la Sardegna possa abbandonare il carbone in modo sicuro. La piena attuazione della capacità di accumulo, prevista per le aste del capacity market del 2024, sarà cruciale per raggiungere tale obiettivo. La fase finale dovrebbe essere conclusa entro gennaio 2029, coincidente con la totale operatività del sistema di cavi sottomarini.

Prospettive per gli impianti dismessi

Nuovi sviluppi a Brindisi e Civitavecchia

Osservando il futuro degli impianti di Brindisi e Torrevaldaliga Nord, entrambi appartenenti a Enel, si evidenzia che la loro produzione è già ai minimi storici, complici le politiche energetiche attuate. Per accelerare il processo di chiusura, il governo ha istituito dei comitati che esploreranno possibili riconversioni industriali per questi siti. A Brindisi, si registrano iniziative imprenditoriali focalizzate sull’eolico offshore, mentre a Civitavecchia emergono soluzioni che spaziano dalla logistica a nuovi sviluppi industriali legati alla trasformazione delle strutture già esistenti.

Il bando per l’eolico offshore, recentemente pubblicato dal ministero dell’Ambiente, offre nuove opportunità di sviluppo economico e occupazionale nel Mezzogiorno, con la creazione di almeno due porti dedicati a questo settore. Questo approccio evidenzia la volontà di coniugare la transizione energetica con un rilancio economico, facendo leva su nuove tecnologie e opportunità di business.

Proseguendo su questa traiettoria, l’Italia si prepara a una struttura energetica più sostenibile, puntando a ridurre le emissioni e ad abbracciare un futuro alimentato da fonti rinnovabili.

Redazione

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