L’Italia ha perso terreno nella classifica delle performance climatiche dei principali paesi del mondo, scendendo dal 29° al 44° posto. Questo è quanto emerge dal rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute, realizzato in collaborazione con Legambiente per l’Italia e presentato alla COP28 a Dubai. Il risultato è principalmente dovuto al rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti, che ha posizionato l’Italia al 37° posto nella specifica classifica, e a una politica climatica nazionale considerata fortemente inadeguata per affrontare l’emergenza. Secondo il rapporto, l’attuale aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede una riduzione delle emissioni entro il 2030 di soli il 40,3% rispetto al 1990.
Il rapporto prende in considerazione la performance climatica di 63 Paesi, oltre all’Unione Europea nel suo complesso, che rappresentano insieme oltre il 90% delle emissioni globali. La performance è misurata attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), che tiene conto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi e degli impegni presi per il 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, e per il restante 20% sulla politica climatica. Anche quest’anno le prime tre posizioni della classifica non sono state assegnate, poiché nessuno dei Paesi ha raggiunto la performance necessaria per affrontare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1,5°C.
“Nonostante il boom delle rinnovabili, la corsa contro il tempo continua”, spiega Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente. “È cruciale raggiungere un accordo ambizioso che preveda di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica ed eliminare gradualmente i combustibili fossili. Solo così sarà possibile ridurre drasticamente l’utilizzo di carbone, gas e petrolio entro il 2030, mantenendo l’obiettivo di contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1,5°C”.
La Danimarca si conferma in testa alla classifica, grazie alla significativa riduzione delle emissioni climalteranti e allo sviluppo delle energie rinnovabili. Seguono l’Estonia e le Filippine, che rafforzano la loro azione climatica nonostante le difficoltà economiche. In fondo alla classifica si trovano Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran e l’Arabia Saudita. La Cina, il maggiore responsabile delle emissioni globali, rimane stabile al 51° posto, mentre gli Stati Uniti, il secondo emettitore globale, si posizionano al 57° posto, con un calo di cinque posizioni rispetto all’anno precedente.
Riguardo alla posizione dell’Italia, il presidente di Legambiente Stefano Ciafani afferma: “Serve una drastica inversione di rotta. L’Italia può colmare l’attuale ritardo e raggiungere l’obiettivo climatico del 65%, in linea con l’obiettivo di 1,5°C, grazie soprattutto all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili. Secondo il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics, il nostro Paese può ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, grazie al 63% di rinnovabili nel mix energetico e al 91% nel mix elettrico. È possibile arrivare al 100% di rinnovabili nel settore elettrico entro il 2035, abbandonando il carbone entro il 2025 e il gas fossile entro il 2035. In questo modo sarà possibile raggiungere la neutralità climatica già nel 2040”.
Le potenzialità dell’Italia sono confermate anche da Elettricità Futura, che prevede un’alta percentuale di energie rinnovabili nel mix elettrico entro il 2030, insieme a nuove capacità di accumulo di grande taglia. Questo comporterebbe importanti benefici economici, ambientali e occupazionali. Tuttavia, è necessario un impegno concreto da parte delle imprese e delle comunità energetiche rinnovabili per raggiungere l’obiettivo del 100% di elettricità rinnovabile entro il 2035. Solo così l’Italia potrà affrontare la sfida della crisi energetica e climatica che rischia di metterla in ginocchio.
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