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Jhumpa Lahiri rifiuta il premio Isamu Noguchi per il divieto di indossare la kefiah al museo

Un recente episodio ha scosso il mondo culturale americano, con la scrittrice premio Pulitzer Jhumpa Lahiri che ha deciso di non ritirare il premio Isamu Noguchi a causa del controverso divieto imposto dal museo riguardo all’abbigliamento e agli accessori portatori di messaggi politici. Questa decisione ha riacceso il dibattito sull’espressione della solidarietà e delle opinioni politiche nel contesto artistico e museale.

Il divieto di abbigliamento politico al museo Noguchi

La nuova politica del museo

Il museo Isamu Noguchi, situato ad Astoria, New York, ha recentemente annunciato un nuovo codice di comportamento per il proprio personale. In particolare, il divieto di indossare indumenti o accessori che veicolano “messaggi politici, slogan o simboli” ha suscitato l’indignazione di molti, compresa Jhumpa Lahiri. Secondo le informazioni fornite dal museo, la scrittrice ha ritirato la propria accettazione del premio come segno di protesta per questa politica.

Le reazioni del personale

Il divieto è entrato in vigore dopo che diversi membri del personale, spinti da sentimenti di solidarietà nei confronti del popolo palestinese, avevano cominciato a indossare la kefiah. Tre dipendenti, in particolare, hanno perso il lavoro per aver rifiutato di togliere il loro simbolo di solidarietà. La direzione del museo ha affermato di rispettare la prospettiva di Lahiri, ma ha anche sottolineato che “questo tipo di espressioni possono, senza volerlo, alienare segmenti dei nostri visitatori”. In risposta a queste affermazioni, quasi tutti i 70 dipendenti hanno firmato una lettera in cui ricordano il forte impegno di Isamu Noguchi contro le guerre e la sua esperienza personale durante la Seconda Guerra Mondiale.

La posizione di Lahiri e il dibattito culturale

L’atto simbolico di Lahiri

Jhumpa Lahiri, che ha vinto il Pulitzer nel 2000 per la sua prima opera “L’Interprete dei Malanni”, ha assunto una posizione di assoluta coerenza con le proprie convinzioni politiche e culturali. La sua decisione di non accettare il premio Isamu Noguchi rispecchia non solo il suo disaccordo con le norme del museo, ma anche una più ampia evasione delle problematiche legate alla libertà di espressione e alla responsabilità sociale degli artisti.

Il contesto dell’arte e della politica

Questo episodio non è isolato. Da mesi, la questione della solidarietà verso il popolo palestinese e le reazioni ai recenti eventi conflittuali in Medio Oriente hanno generato divisioni tra gli intellettuali, le istituzioni artistiche e il pubblico. Nel maggio scorso, Lahiri e altri 300 accademici e artisti avevano, infatti, espresso supporto per le manifestazioni pro-Palestina nei campus universitari. Ciò ha messo in luce come la cultura, l’arte e l’attivismo politico siano interconnessi e spesso si trovino a dover affrontare tensioni e conflitti di ideologia.

Il futuro della protesta e la nota del museo

Una posizione controversa

Dopo l’uscita di Lahiri e la rimozione di tre dipendenti, il museo si è trovato in una posizione delicata. Ha difeso il proprio codice di condotta come un tentativo di mantenere un ambiente inclusivo per tutti i visitatori. Tuttavia, le critiche mosse da parte del personale e dell’opinione pubblica hanno sollevato interrogativi sulla vera natura dell’inclusività e sulla possibilità di esprimere opinioni politiche in spazi culturali condivisi.

La cerimonia del premio

Ad ogni modo, il premio Isamu Noguchi verrà comunque assegnato. Lee Ufan, il pittore minimalista coreano che condivideva il riconoscimento con Lahiri, parteciperà alla cerimonia programmata per il 29 ottobre. Questa circostanza pone in risalto il dialogo in corso sull’importanza dell’espressione individuale contro le esigenze normative delle istituzioni culturali. La situazione riflette le tensioni interne a un settore artistico in continua evoluzione, dove la libertà di espressione e le linee guida istituzionali si confrontano costantemente.

Luisa Pizzardi

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