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La difficile battaglia di un pensionato contro l’occupazione abusiva a Roma: la storia di Roberto Nesci

Roberto Nesci, un carpentiere metallico in pensione, racconta la sua dolorosa esperienza di proprietario di casa e la sfida legale contro l’occupazione abusiva della sua abitazione a Roma. Originario della zona Casilina, Nesci ha vissuto un incubo che ha avuto inizio nel 2014, dopo un viaggio di volontariato con i salesiani ad Addis Abeba. Le sue parole risuonano con la frustrazione e la difficoltà di affrontare un sistema che spesso lascia i proprietari di immobili in balia di situazioni insostenibili.

La cronaca di un’occupazione abusiva

Quando Roberto Nesci è tornato a Roma, la sua vita ha subito una brusca inversione di rotta. Quel che si è trovato davanti non era solo un appartamento vuoto, ma un immobile occupato da un gruppo di nigeriani. “Quell’abitazione apparteneva a mia madre,” racconta Nesci, sottolineando il forte legame che ha con il luogo. Era amministratore di sostegno di sua madre, che si trovava in una residenza sanitaria per anziani quando ha deciso di affittare l’abitazione per generare un reddito. “Per un anno hanno sempre pagato, finché sono iniziati i guai,” prosegue, spiegando come la situazione sia rapidamente degenerata.

Dopo diversi mesi di inattività da parte degli affittuari, Roberto ha avviato una procedura di sfratto attraverso un avvocato. Tuttavia, il suo ritorno dall’Africa ha rivelato che la legittima affittuaria aveva subaffittato l’appartamento senza il suo consenso. “Mi sono trovato davanti a persone che non avevano alcun diritto di essere lì,” osserva Nesci, evidenziando la frustrazione di ritrovarsi a dover affrontare una situazione così complessa e ingiusta.

Le difficoltà legali e sociali

Navigare tra le pieghe della legge in situazioni di occupazione abusiva è una sfida ardua. Dopo aver ripreso possesso delle chiavi dell’appartamento, Nesci ha cercato aiuto dalle autorità. Ha contattato più volte la Polizia, sperando in un intervento. “Ogni volta che chiamavo, mi dicevano che non potevo fare nulla, perché le persone dentro non erano clandestine,” riporta Roberto, chiaro nella sua difficoltà a farsi ascoltare.

La legge, infatti, spesso considera gli occupanti come ospiti o subaffittuari, creando una complicazione per i legittimi proprietari degli immobili. “Non ho potuto nemmeno notificare lo sfratto alla ex locataria, che nel frattempo era tornata in Africa,” aggiunge, evidenziando come l’impossibilità di agire si sia trasformata in un rincorrere disperato nella burocrazia.

La situazione è degenerata ulteriormente quando Roberto ha tentato di confrontarsi direttamente con gli occupanti. “Sono stato aggredito fisicamente con un coltello, mentre la Polizia mi ha persino rimproverato per essere lì,” racconta, riflettendo su una realtà estrema e spesso ignorata. Roberto è rimasto colpito da un sistema che non solo lo ha abbandonato, ma lo ha anche vittimizzato.

L’impatto emotivo e sociale

La vicenda di Roberto Nesci non è solo una questione legale, ma ha anche un profondo impatto emotivo e sociale. L’appartamento in questione, danneggiato e trascurato, ha visto morire il sogno di una casa custodita da generazioni della famiglia Nesci. “In tre anni, la casa è stata deturpata. Mio fratello ha dovuto svenderla a causa delle condizioni in cui era ridotta,” afferma con amarezza.

La sua storia è una rappresentazione di una problematica più ampia, che tocca molti proprietari di immobili in tutta Italia. “Spero che si possa accendere un faro su questa situazione, affinché altri non debbano passare attraverso ciò che ho vissuto,” afferma Roberto, rimarcando l’importanza di una maggiore attenzione sociale al problema dell’occupazione abusiva. Il suo racconto si intreccia con la risposta del tastierista Rocco Tanica di ELIO e le storie tese, che ha sollevato un importante dibattito sulla questione, amplificando le voci di chi, come Roberto, si è sentito impotente di fronte a una situazione insostenibile.

La sua battaglia non è solo personale, ma rappresenta la lotta di molti per i propri diritti e per il riconoscimento della dignità del lavoro e della proprietà.

Luisa Pizzardi

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