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La revoca dell’acido obeticolico da parte della Commissione europea: un campanello d’allarme per le malattie rare

La recente decisione della Commissione europea di revocare l’autorizzazione all’uso dell’acido obeticolico per il trattamento della colangite biliare primitiva ha sollevato preoccupazioni significative nell’ambito della salute pubblica e delle malattie rare. Con indicazioni errate basate su trial clinici con problemi statistici, questa azione mette in luce la necessità di una revisione dei protocolli regolatori per la registrazione e l’approvazione dei farmaci destinati a patologie con bassa prevalenza. L’intervento di Vincenza Calvaruso, segretario nazionale dell’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LO STUDIO DEL FEGATO , ha sottolineato la criticità della situazione.

La problematica dei trial clinici per le malattie rare

Trials clinici: difficoltà di arruolamento e tempi lunghi

La complessità dei trial clinici per le MALATTIE RARE emerge chiaramente. Questi studi, essenziali per testare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci, devono affrontare sfide uniche rispetto a quelli per malattie più comuni. Calvaruso ha evidenziato come l’arruolamento di pazienti per trial possa risultare piuttosto complicato, data la limitata numerosità della popolazione affetta. Ogni malattia rara, infatti, tende a interessare un numero ridotto di individui, rendendo difficile la formazione di coorti significative per studi clinici di lungo periodo.

Inoltre, il tempo necessario per condurre trial registrativi può estendersi fino a cinque o sei anni, creando un intervallo non accettabile per pazienti e medici che necessitano di terapie immediate. Questa situazione è accentuata dalla difficoltà di ammettere pazienti in gruppi placebo, soprattutto quando esistono farmaci promettenti già de facto disponibili sul mercato, come nel caso dell’acido obeticolico nello studio Cobalt. Da un punto di vista etico, la possibilità di rimanere senza trattamento attivo appare inaccettabile per molti.

L’importanza dei dati “real world”

A supporto della necessità di un cambio di rotta nei protocolli di approvazione, Calvaruso ha sollecitato l’integrazione di dati “real world” nei requisiti per la registrazione di farmaci per malattie rare. Questi dati, derivati dall’uso effettivo dei farmaci nella pratica clinica quotidiana, possono fornire informazioni preziose che vanno oltre le evidenze prodotte dai trial clinici. Così facendo, si potrebbe garantire che le decisioni riguardanti l’approvazione e la revoca dei farmaci siano più accurate e rispondano meglio alle esigenze dei pazienti, piuttosto che basarsi su risultati analitici potenzialmente distorti.

Calvaruso ha riportato che i dati clinici real world potrebbero dimostrare ben più di quanto siano riusciti a fare studi come Cobalt, evidenziando l’efficacia e l’importanza di una terapia dal valore indiscusso per i pazienti. L’assenza di alternative valide per molti di loro rende critico che si eviti di lasciare i pazienti senza accesso ai trattamenti.

L’impatto della revoca su pazienti e ricercatori

Conseguenze della revoca e rischio per la ricerca

La revoca dell’acido obeticolico non è solo un colpo a livello regolatorio; ha ripercussioni dirette sul benessere dei pazienti affetti da colangite biliare primitiva e pone delle domande cruciale sul futuro della ricerca in questo campo. La decisione di ritirare farmaci già approvati, sulla base di trial imperfetti, rischia di disincentivare le aziende farmaceutiche dall’investire in ricerca per malattie rare. Infatti, se le aziende percepiscono la regolazione come incerta o soggetta a cambiamenti basati su evidenze inadeguate, potrebbero decidere di ritirare gli investimenti in ricerca e sviluppo.

La necessità di un cambiamento a livello regolatorio

Calvaruso ha messo in evidenza la necessità impellente di modificare i protocolli regolatori, affinché si possano considerare adeguatamente le specificità delle malattie rare. È necessario operare affinché gli studi progettati per la registrazione di nuovi farmaci includano non solo i controlli standard, ma anche approcci più flessibili che tengano conto delle difficoltà nell’arruolamento e dei dati real world.

Questa modifica non solo beneficerebbe i pazienti con malattie rare, ma migliorerebbe anche la capacità del sistema sanitario di implementare trattamenti efficaci e tempestivi nel contesto di un panorama terapeutico spesso in evoluzione. La strada da percorrere richiede una solida cooperazione tra le autorità sanitarie, le associazioni di pazienti e le industrie farmaceutiche, per garantire un futuro migliore a tutti coloro che vivono con malattie rare.

Luisa Pizzardi

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