L'arrivo dell'assistente infermieristico nel 2025: critiche e incertezze tra i sindacati - Occhioche.it
Nel 2025 la sanità italiana si prepara ad accogliere una nuova figura professionale: l’assistente infermieristico. Questa innovativa professione in fase di sviluppo nasce dall’esigenza di affrontare le carenze negli organici e i continui sacrifici richiesti agli infermieri, ma suscita preoccupazioni e malumori tra i sindacati. L’introduzione di questa figura ibrida, a metà strada tra l’Operatore Socio Sanitario e l’infermiere, appare come un tentativo di risolvere problematiche strutturali del settore, ma ci sono molteplici aspetti critici da considerare.
Il progetto dell’assistente infermieristico si inserisce in un contesto di crisi del sistema sanitario pubblico italiano, aggravato da turni massacranti e dalla carenza di personale. Questa figura è stata pensata come un “sostegno” agli infermieri, che già affrontano una situazione lavorativa pesante e a volte insostenibile. Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil, ha messo in evidenza come questo approccio sia in realtà un passo indietro. Critica l’idea che la creazione di una figura intermedia possa rappresentare una risposta alle problematiche esistenti. La mancanza di un’adeguata attenzione alle condizioni di lavoro degli infermieri e la qualità della retribuzione sono tra i motivi principali per cui la professione fatica ad attrarre giovani professionisti. Secondo Vannini, la crisi di riconoscimento sociale che coinvolge la professione si amplifica attraverso episodi di violenza e aggressione.
Un’altra questione fondamentale riguarda la formazione di questi nuovi assistenti infermieristici. Attualmente, la formazione è prevista attraverso corsi specifici per coloro che possiedono già un diploma OSS, ma non ci sono scuole statali preposte a gestire questa formazione. Vannini descrive il percorso formativo attualmente previsto come inadeguato: gli OSS dovrebbero completare un corso di 500 ore, ma per coloro privi di diploma, andrebbero ad aggiungersi ulteriori requisiti lavorativi e formativi. Ciò ha sollevato interrogativi sulla qualità e l’adeguatezza della preparazione degli assistenti, considerato che la sanità richiede competenze decisamente superiori a quelle che potrebbero derivare da un corso di poche centinaia di ore.
Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up, si è unito al coro critico, definendo l’arrivo dell’assistente infermieristico come un “grande pasticcio” che potrebbe compromettere la qualità dell’assistenza. De Palma evidenzia che la decisione di introdurre questa nuova figura è stata presa senza un necessario confronto con i rappresentanti sindacali. Egli ribadisce come questa operazione potrebbe ridurre il numero di infermieri effettivamente presenti in servizio, sostituendoli con assistenti non adeguatamente formati. Allerta anche su come questo potrebbe impattare il servizio ai pazienti, sottolineando che gli infermieri rappresentano il fondamento su cui si basa l’efficienza dell’assistenza sanitaria.
Un altro punto di controversia riguarda il rispetto delle normative vigenti, in particolare la legge Gelli sulla responsabilità sanitaria. Vannini avverte che gli assistenti infermieristici, non essendo configurati come professionisti sanitari a tutti gli effetti, non godrebbero della copertura assicurativa prevista per gli infermieri. Ciò pone interrogativi legittimi riguardo le responsabilità legate all’assistenza, soprattutto in situazioni delicate, come la somministrazione di farmaci o la cura di pazienti in condizioni critiche. Si teme che questa figura ibrida possa riaprire vecchie ferite, riportando il settore alla situazione di 25 anni fa, quando non esisteva una formazione universitaria per gli infermieri.
L’introduzione dell’assistente infermieristico si situa in un panorama dove la mancanza di personale infermieristico è un problema di primaria importanza. La situazione è aggravata da un modello di lavoro che non riesce a garantire certezze e stabilità. I numeri forniti da vari sindacati parlano di una crescente difficoltà dei giovani a entrare nel mondo del lavoro sanitario, a causa di stipendi non in linea con le aspettative e la scarsa valorizzazione del percorso formativo. La crisi della professione infermieristica è stata amplificata dalla pandemia di COVID-19, che ha messo in luce non solo la mancanza di personale, ma anche delle gravi conseguenze psico-emotive a carico dei professionisti.
Le istituzioni saranno chiamate a rispondere a queste sfide con politiche più incisive, investendo su formazione, retribuzione e riconoscimento professionale. Solo un approccio globale potrebbe realmente migliorare le condizioni di lavoro all’interno di un sistema che ha bisogno di rilancio e riorganizzazione. La mancanza di un dialogo tra le parti coinvolte rischia di portare avanti misure inefficaci e dannose per la qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini.
Dunque, con l’avvicinarsi del 2025, il dibattito sull’assistente infermieristico si intensifica, da un lato promettendo l’inserimento di una nuova professione, dall’altro sollevando interrogativi legittimi riguardo ad un futuro che potrebbe rivelarsi difficile e incerto per la sanità italiana.
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