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Le emozioni dei sommozzatori dopo il naufragio del veliero Bayesian: la testimonianza di Orlando Di Muro

Nel contesto delle ricerche dei 6 dispersi del naufragio del veliero Bayesian, la voce di Orlando Di Muro, sommozzatore dei Vigili del fuoco, mette in luce le emozioni profonde che accompagnano il lavoro in scenari di grande difficoltà. I corpi delle vittime, tra cui la figlia di un noto magnate, sono stati recuperati nelle cabine del veliero affondato. Un racconto toccante di professionalismo, umanità e dedizione.

Il dramma del naufragio: vittime e recupero

Le identità delle vittime e il ritrovamento

Il naufragio del veliero Bayesian ha colpito profondamente la comunità e le forze di soccorso. Tra le vittime ritrovate ci sono Hannah Lynch, la figlia del magnate Mike Lynch, e altre cinque persone, tra cui i coniugi Bloomer e Morvillo. I sommozzatori dei Vigili del fuoco hanno lavorato instancabilmente nei giorni scorsi, recuperando i corpi in due diverse cabine. Il primo ritrovamento è avvenuto nei pressi della prua, dove è stata rinvenuta la giovane Hannah; l’altro luogo ha rivelato le identità delle altre cinque vittime.

Il procuratore capo di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, ha commentato l’operazione di recupero, sottolineando le difficoltà incontrate dagli operatori durante le ricerche. L’assenza di bolle d’aria, che normalmente segnala la presenza di persone in difficoltà, ha reso ogni ricerca ancora più complessa e drammatica. Questo scenario ha richiesto una prontezza e una professionalità eccezionali da parte delle squadre di soccorso.

Il lavoro dei sommozzatori: professionalità e tecnica

Orlando Di Muro, uno dei sommozzatori impegnati nelle operazioni, ha spiegato il processo di recupero dei corpi, sottolineando l’importanza della formazione e dell’addestramento. Nonostante la preparazione, il sommozzatore ha messo in evidenza come anche i professionisti del settore non possano rimanere completamente insensibili di fronte a una tragedia umana. “Siamo professionisti, ma le emozioni non hanno un interruttore,” ha dichiarato Di Muro, evidenziando il conflitto interiore tra il dovere professionale e le emozioni personali.

Il sommozzatore ha ulteriormente analizzato come le emozioni emergano dopo il lavoro, non mentre sono impegnati nelle operazioni subacquee. Il momento dell’immersione richiede concentrazione assoluta, mentre le riflessioni più intime affiorano solo successivamente. Di Muro ha fatto riferimento a oggetti recuperati durante le operazioni, rivelando che certi elementi toccano profondamente il loro lato umano, portando a una risposta emotiva che viene gestita con tecniche personali.

La testimonianza del comando: ingegner Giuseppe Petrone

Le difficoltà tecniche dell’intervento

L’ingegner Giuseppe Petrone, a capo delle operazioni, ha descritto le sfide tecniche affrontate insieme ai sommozzatori. La profondità in cui si è svolta l’operazione ha rappresentato una delle principali difficoltà, rendendo l’immersione complessa e talvolta pericolosa. “La visibilità era scarsa e la presenza di arredi fluttuanti ha complicato ulteriormente la situazione,” ha spiegato Petrone, mettendo in evidenza le condizioni sfavorevoli sotto cui il suo team ha dovuto operare.

Le costanti valutazioni di sicurezza hanno rappresentato una priorità fondamentale, ed è grazie alla preparazione meticolosa che i sommozzatori sono riusciti a recuperare i corpi. L’impatto emotivo dell’operazione è stato evidente anche per i membri del comando, che hanno testimoniato l’accoglienza del pubblico al molo al termine delle ricerche. Appena recuperato l’ultimo corpo, il gruppo di sommozzatori ha ricevuto un caloroso applauso, simbolo di liberazione e rispetto per le vittime e per il lavoro svolto.

La risposta del team e il supporto emotivo

Un aspetto cruciale nell’operazione di recupero è stato il supporto emotivo e psicologico tra colleghi. Essere a stretto contatto con situazioni così tragiche richiede non solo preparazione fisica, ma anche una forte coesione tra i membri del team. Per Di Muro e Petrone, il lavoro non si limita alla tecnica, ma comprende anche il riconoscimento delle emozioni e la gestione delle stesse in team, affinché possano sostenersi a vicenda durante e dopo l’intervento.

Riconoscere la necessità di discutere le esperienze affrontate e le emozioni provate è essenziale per prevenire che tali eventi influiscano sulla salute mentale degli operatori. La formazione professionale, quindi, è integrata con un approccio umano, che si traduce in un sostegno reciproco indispensabile in questi contesti di lavoro estremi e carichi di emozione.

Giordana Bellante

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