Lo psicologo Alessia Cicolini analizza il caso di Chiara Petrolini: un’occasione per riflettere sui figlicidi - Occhioche.it
Il recente caso di Chiara Petrolini, accusata di aver seppellito due neonati nel giardino della propria abitazione, riaccende il dibattito sull’infanticidio e sulla malattia mentale. In un’intervista con l’Adnkronos Salute, la psichiatra Alessia Cicolini, esperta della Società italiana di psichiatria e direttrice della Rems di Castiglione delle Stiviere, offre una visione dettagliata sulla questione, sottolineando la complessità di questo tipo di reati e l’importanza di analizzare i fattori umani e sociali che possono condurre a comportamenti estremi.
Secondo Alessia Cicolini, si tende a giustificare i reati particolarmente efferati, come il figlicidio, attribuendoli esclusivamente a patologie mentali. Questo approccio sembrerebbe servire a rassicurare la società, ma rischia di semplificare una questione che è invece assai complessa. L’esperta afferma di non voler commentare il caso specifico di Chiara Petrolini, avendo appreso della vicenda solo attraverso i media. Tuttavia, sottolinea che l’infanticidio, nel suo complesso, non coincide necessariamente con un disturbo mentale diagnosticato.
Cicolini chiarisce che la Rems di Castiglione delle Stiviere, un tempo ospedale psichiatrico giudiziario, accoglie solo quelle persone che, dopo un giudizio della magistratura, sono state ritenute malate al momento del crimine. Non tutte le madri che commettono reati di questo tipo sono indirizzate a tali strutture; molte di esse, infatti, possono essere trovate in carcere. Questo evidenzia che l’infanticidio non è esclusivamente il risultato di una malattia mentale.
Il caso di Chiara Petrolini mette in luce una questione drammatica: la solitudine. Secondo Cicolini, l’isolamento può essere una condizione presente anche in individui circondati da persone. L’assenza di una vera rete di supporto sociale può contribuire a uno stato di vulnerabilità emotiva che porta a scelte tragiche. Le motivazioni alla base di comportamenti estremi come il figlicidio sono multifattoriali e non sempre riconducibili a un disturbo psichico.
L’esperta insiste sulla potenza della disperazione, che può diventare talmente opprimente da offuscare la percezione della realtà. L’assenza di supporto psicologico e sociale può portare a un deterioramento della capacità di valutare lucidamente la propria situazione. Cicolini evidenzia la necessità di comprendere il contesto emotivo e relazionale delle persone coinvolte in tali crimini, piuttosto che fermarsi a una fredda analisi dei sintomi.
A Castiglione delle Stiviere, dalla riapertura della Rems fino al 2015, sono state accolte 55 donne accusate di figlicidio. Cicolini definisce questo campione come uno dei più ampi a livello europeo, frutto di un’analisi approfondita. Gli studi condotti sulla popolazione femminile hanno rivelato che, prima di commettere il reato, molte delle donne avevano vissuto episodi psicotici. La psichiatra sottolinea che queste diagnosi riguardano donne che, in un contesto privato, avevano manifestato segni chiari di malattia.
Attualmente, la Rems non è più di carattere nazionale, seguendo invece un approccio regionale. Ciò implica che oggi sono accolte solo pazienti della Lombardia, un cambiamento significativo rispetto al sistema precedente. Questo spostamento strategico pone interrogativi sul futuro delle metodologie di intervento per le donne in difficoltà che si trovano ad affrontare situazioni estreme.
Il quadro complessivo del figlicidio gioca con elementi complessi, da quelli sociali e relazionali a quelli psicologici e patologici. Comprendere queste dinamiche può rivelarsi cruciale per la prevenzione e per affrontare la questione in modo più consapevole e articolato.
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