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Martina Oppelli presenta esposto alla procura di Trieste contro l’azienda sanitaria per rifiuto di aiuti

Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva, si trova al centro di una controversia legale che tocca temi delicati come il suicidio assistito e i diritti dei pazienti. Dopo il respingimento della sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito, la donna ha deciso di intraprendere azioni legali contro l’azienda sanitaria di riferimento, l’ASUGI. Con l’assistenza legale dell’Associazione Luca Coscioni, coordinata dall’avvocata Filomena Gallo, Martina ha presentato un esposto alla procura di Trieste per rifiuto di atti d’ufficio e tortura. La situazione di Martina solleva interrogativi non solo sul rispetto dei diritti dei malati terminali, ma anche sulle pratiche delle istituzioni sanitarie.

Il contesto della richiesta di suicidio assistito

La condizione di salute di Martina Oppelli

Martina Oppelli vive con una sclerosi multipla progressiva, una malattia neurodegenerativa che comporta un progressivo deterioramento delle funzioni motorie e cognitive. Nel corso degli anni, la sua condizione è peggiorata in modo significativo, portando a un’incessante sofferenza fisica e psicologica. La richiesta di suicidio assistito non è un’invenzione o un capriccio, ma una scelta motivata da una vita di dolore e difficoltà crescenti. La convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità sottolinea l’importanza di rispettare la dignità e le scelte delle persone in situazioni delicate come quella di Martina.

L’iter legale e la risposta dell’azienda sanitaria

Martina ha presentato la sua richiesta di accesso all’assistenza per il suicidio assistito a più riprese, ma le risposte dell’ASUGI sono state negative. Nonostante una specifica ordinanza del Tribunale di Trieste che imponeva una rivalutazione medica, l’azienda sanitaria ha rifiutato di prendere in considerazione la situazione attuale di Martina. Questo ha portato l’associazione a segnalare un evidente disguido tra la situazione clinica di Martina e la risposta istituzionale.

L’esposto alla procura di Trieste

Accuse di rifiuto di atti d’ufficio e tortura

L’esposto presentato da Martina Oppelli alla procura di Trieste accusa i medici dell’ASUGI di non aver rispettato i compiti stabiliti dalla legge, integrando potenziali atti di tortura nei confronti della paziente. La denuncia si fonda sulla convinzione che il trattamento ricevuto da Martina non solo comprometta il suo diritto all’autodeterminazione, ma sia anche una violazione della dignità umana. L’avvocata Filomena Gallo ha sottolineato come le argomentazioni addotte da ASUGI siano arbitrarie e privative della libertà di scelta di Martina.

Riferimenti normativi e giurisprudenziali

Il collegio legale di Martina cita la sentenza 135 del 2024 della Corte Costituzionale, che riconosce il diritto di accesso a pratiche di morte volontaria in determinate circostanze. Inoltre, un altro riferimento giuridico fondamentale è la sentenza 242/2019 che pone l’accento sulla dignità umana. Tali normative sono state utilizzate come base per supportare la richiesta di Martina, facendo emergere le gravi conseguenze di un diniego all’assistenza volto a porre fine alla sua sofferenza.

Condizioni di salute in deterioramento

Peggioramento della malattia

Martina Oppelli ha visto il proprio stato di salute deteriorarsi negli ultimi mesi, aggravato dai rifiuti sistematici dell’ASUGI. Questo contesto non solo ha aumentato il suo stato di sofferenza, ma ha anche messo in discussione le condizioni di vita quotidiana di Martina. Il mancato accesso a trattamenti adeguati, compresi quelli per il dolore e l’assistenza respiratoria, ha dimostrato l’inerzia e l’indifferenza dell’istituzione nei suoi confronti. La mancata fornitura della macchina della tosse, di cui Martina ha bisogno, è stata descritta come un’ulteriore miseria al già critico stato di salute.

Rischi futuri e impatti sulla dignità

La situazione attuale di Martina solleva preoccupazioni sui rischi futuri, essendo il suo stato di salute a un punto critico. Se non le fosse consentito accedere a trattamenti di fine vita, le prospettive di continuare a esercitare una vita dignitosa sarebbero sempre più remote. In assenza di un’accettazione della sua richiesta, si costringerebbe Martina a vivere in una condizione di crescente sofferenza, mettendo in discussione i principi etici e morali delle pratiche sanitarie italiane.

La vicenda di Martina Oppelli si inserisce in un dibattito più ampio sul fine vita e sui diritti dei malati, ponendo interrogativi cruciali sulla legislazione e le procedure del sistema sanitario nazionale. La richiesta di giustizia da parte di Martina e del suo team legale resta una questione di fondamentale importanza per la società.

Giordana Bellante

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