Ultimo aggiornamento il 23 Aprile 2024 by Giordana Bellante
Un caso giudiziario che ha fatto scalpore quello della morte di Roberta Repetto, l’insegnante di 40 anni deceduta nel 2020 a causa delle metastasi di un melanoma che aveva scelto di curare con tisane e meditazioni. Una vicenda che ha visto coinvolti un “santone” e un medico, entrambi accusati di aver contribuito alla morte della donna. Ma secondo i giudici della corte d’assise d’appello di Genova, la colpa non è da attribuire a loro. Vediamo nel dettaglio cosa è emerso dalle motivazioni della sentenza di assoluzione.
“Nessuna posizione di garanzia per il santone”
Paolo Bendinelli, il “santone” che aveva consigliato a Roberta Repetto di curare il melanoma con tisane e meditazioni, è stato assolto in appello. Secondo i giudici, infatti, Bendinelli “non ha creato la situazione iniziale di pericolo” e soprattutto “non aveva una posizione di garanzia tale da doverlo fare intervenire a tutela della salute di Roberta“. Una decisione che ha suscitato non poche polemiche, ma che si basa sul fatto che la donna aveva scelto liberamente di seguire le pratiche alternative consigliate dal santone.
“Il medico ha agito con imperizia”
Diverso il discorso per quanto riguarda il medico Paolo Oneda, che era stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi insieme a Bendinelli. Secondo i giudici, infatti, Oneda “ha agito con imperizia anche grave” e se avesse rispettato le norme da lui stesso riconosciute come buone prassi, le possibilità di guarigione per Roberta Repetto sarebbero state molto elevate. Il medico, infatti, accettò di operarla su un tavolo da cucina del Centro Anidra, nei pressi di Chiavari senza anestesia e di non sottoporre il neo a esame istologico. Una scelta che ha compromesso seriamente la salute della donna.
“La paziente non venne messa al corrente dei rischi”
Ma c’è di più. Secondo i giudici, Roberta Repetto “non venne messa al corrente dei rischi e fino all’ultimo era ignara della propria fine imminente”. Una circostanza che rende ancora più grave la posizione del medico, il quale avrebbe dovuto informare la donna sui rischi connessi all’intervento e alle cure alternative scelte. Una mancanza di informazione che ha impedito a Roberta di prendere una decisione consapevole sulla propria salute.
“Per la giustizia italiana mia sorella si è praticamente suicidata”
Un commento amaro quello di Rita Repetto, sorella di Roberta, che ha assistito al processo affiancata dagli avvocati Giuseppe Sciacchitano e Andrea Andrei. “Prendo atto – ha dichiarato – che per il tribunale di Genova mia sorella ha scelto liberamente di morire in quanto si sarebbe liberamente orientata verso l’opzione per uno stile di vita naturista. Per la giustizia italiana mia sorella si è praticamente suicidata”. Una dichiarazione che mette in evidenza tutta la sofferenza e il dolore di chi ha perso una persona cara a causa di scelte che, con il senno di poi, si rivelano sbagliate.
“Le responsabilità dei medici nella scelta delle cure alternative”
La vicenda di Roberta Repetto pone l’accento sulle responsabilità dei medici nella scelta delle cure alternative. Se da un lato è vero che ogni persona ha il diritto di scegliere liberamente il proprio percorso terapeutico, dall’altro i medici hanno il dovere di informare i pazienti sui rischi connessi alle cure alternative e di intervenire in caso di pericolo per la salute. Una responsabilità che, nel caso di Roberta Repetto, non è stata rispettata e che ha portato alla morte della donna.
“‘importanza dell’informazione nella scelta delle cure”
La vicenda di Roberta Repetto ci ricorda, inoltre, l’importanza dell’informazione nella scelta delle cure. Scegliere di curarsi con pratiche alternative non significa necessariamente rinunciare alle cure tradizionali, ma significa valutare attentamente i rischi e i benefici di ogni opzione terapeutica. Un’informazione corretta e completa da parte dei medici può aiutare i pazienti a prendere decisioni consapevoli e a tutelare la propria salute.
“La necessità di regolamentare le pratiche alternative”
Infine, la morte di Roberta Repetto pone l’accento sulla necessità di regolamentare le pratiche alternative. Se da un lato è vero che le cure alternative possono essere utili per migliorare la qualità della vita dei pazienti, dall’altro è necessario che queste pratiche siano sottoposte a controlli e verifiche per garantire la sicurezza dei pazienti. Una regolamentazione che, in Italia, ancora non esiste e che rende le cure alternative un terreno minato per la salute dei pazienti.