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Omicidio di Sharon Verzeni: i dettagli inquietanti dell’atto di Moussa Sangare svelati dai Carabinieri

Le indagini sull’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto tra il 29 e il 30 luglio, hanno portato alla luce una serie di eventi e comportamenti inquietanti da parte del suo aggressore, Moussa Sangare. I Carabinieri del comando provinciale di Bergamo hanno identificato i due quindicenni minacciati da Sangare, offrendo così una prospettiva più chiara sull’atmosfera di terrore che ha segnato quella tragica notte. Questi fatti, che richiedono un’analisi approfondita, ci aiutano a comprendere il dramma che ha colpito la comunità.

La minaccia ai ragazzini: un’intimidazione reale

Carabinieri in azione

Secondo fonti affidabili, i due giovani provenienti da Chignolo d’Isola, comune limitrofo a Terno d’Adda, sono stati coinvolti in un episodio di intimidazione da parte di Moussa Sangare poco prima dell’omicidio. I Carabinieri hanno già interrogato uno dei ragazzi, il quale ha confermato di essere stato affrontato con un coltello, un evento che ha segnato profondamente la loro psiche. La paura e il terrore vissuti in quei momenti creano un contesto di vulnerabilità e impotenza.

La scelta del bersaglio

Sangare ha vagato per oltre mezz’ora nella bergamasca prima di individuare la sua vittima, Sharon Verzeni. Attraverso il racconto dei giovani testimoni, si delinea un quadro inquietante: Sangare ha puntato inizialmente contro altri individui, compresi automobilisti e uomini per strada, ma solo quando ha avvistato Sharon ha deciso di mettere in atto il suo piano omicida. Questo comportamento premeditato dimostra un livello di calcolo disturbante e opportunismo, che intriga e inquieta allo stesso tempo.

L’atto omicida: un gesto privo di motivazione

Il contesto dell’omicidio

Nell’assassinio di Sharon, non sembra esserci stata alcuna motivazione comprensibile. Secondo le ricostruzioni, l’aggressione è avvenuta in un momento di apparente normalità, mentre Sharon stava contemplando le stelle, vista come una “donna sola”. La natura casuale e gratuita di questo attacco lo rende ancora più spaventoso, poiché rivela un lato oscuro della psiche umana privo di rispettabilità morale.

La preparazione di Sangare

Di particolare rilevanza è la confessione di Sangare riguardo all’addestramento che aveva messo in atto prima di compiere l’omicidio. Confessò di aver trascorso del tempo a lanciare coltelli contro una sagoma di cartone che rappresentava un volto umano. Questo gesto, definito da esperti come un cercare di provare emozioni forti, si tradusse infine in una manifestazione di violenza reale e devastante.

La reazione post-omicidio: dalla grigliata all’occultamento del delitto

Comportamenti inquietanti

Il giorno successivo all’omicidio, Sangare ha partecipato a una grigliata con gli amici, mostrando una freddezza che ha sorpreso e disgustato. Nonostante il peso del gesto compiuto, ha apparentemente cercato di tornare alla vita di sempre, un comportamento che ha destato sospetti negli investigatori. Questo rafforza l’immagine di un uomo dissociato dalle proprie azioni, che ha scelto di nascondere il coltello utilizzato per l’omicidio sotterrandolo vicino al fiume Adda.

Il coltello come ricordo

In un’interrogatorio successivo, Sangare ha rivelato di aver conservato uno dei coltelli come un inquietante “ricordo” della sua azione. Questo involontario gesto di memoria aggiunge un elemento sinistro alla sua personalità, alimentando le preoccupazioni su una possibile psicopatologia non trattata. Le dichiarazioni di Sangare riguardo al suo interesse per le armi da fuoco, e la scelta di non utilizzarle, pongono interrogativi sulle sue reali intenzioni.

La resilienza dell’indagine

Mentre la causa fondo della sua condotta rimane un mistero, gli investigatori continuano a seguire la pista del comportamento di Sangare nei giorni precedenti al fermo. Il fugace desiderio di nascondere le prove e la sua apparentemente tranquilla vita quotidiana post-omicidio evidenziano la complessità del caso, che continua a suscitare interesse e inquietudine nell’opinione pubblica. Un racconto drammatico che segnerà a lungo la comunità e la memoria di Sharon Verzeni.

Giordana Bellante

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