Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2024 by Luisa Pizzardi
Una recente inchiesta ha svelato una rete di traffico di droga e telefonini all’interno del carcere LUIGI BODENZA di ENNA. Grazie all’utilizzo di droni, sono state effettuate consegne dirette ai detenuti, complicando notevolmente la gestione della sicurezza all’interno delle strutture penitenziarie italiane. L’operazione ha portato a un’operazione coordinata nell’ambito della lotta al narcotraffico che ha coinvolto diverse forze dell’ordine.
La dinamica del traffico di droga
L’utilizzo dei droni per le consegne
L’innovativa modalità di spedizioni con l’ausilio di droni ha aperto nuove strade per il traffico di sostanze stupefacenti nelle carceri. Le sostanze, tra cui COCAINA e HASHISH, venivano inserite in buste di plastica legate a un laccetto, che il drone assicurava al suo carico. Questa strategia ha rivelato come la tecnologia possa essere sfruttata per eludere i controlli, con costi di consegna che oscillavano attorno ai 2500 euro per singola operazione, con sconti per consegne multiple. Tali modalità non solo mettono in guardia riguardo la sicurezza delle strutture carcerarie, ma evidenziano anche l’evidente bisogno di miglioramenti nei sistemi di sorveglianza.
Il ruolo dei familiari e dei complici esterni
Un altro aspetto significativo emerso dall’inchiesta riguarda il coinvolgimento dei familiari dei detenuti, in particolare delle mogli, che fungevano da intermediari tra il mondo esterno e quello carcerario. Era infatti tramite queste persone che venivano coordinati gli ordini per le spedizioni di droga e telefonini, facilitando così l’accesso a beni che altrimenti non sarebbero stati disponibili. Questo scenario gioca un ruolo critico nel disegnare un quadro complesso di interazioni sociali e il profondo legame tra vita carceraria e relazioni familiari. Tali relazioni, spesso intrise di disperazione, si trasformano così in strumenti di illegalità, mantenendo attive le reti di spaccio anche all’interno degli istituti.
Le misure cautelari adottate
Dettagli sull’operazione e arresti effettuati
L’operazione investigativa si è concretizzata in 13 misure cautelari nei confronti di altrettante persone, evidenziando l’urgente necessità di affrontare il problema della criminalità organizzata. Tra gli arrestati, 8 persone sono state sottoposte alla custodia cautelare in carcere, mentre 2 hanno ricevuto la misura degli arresti domiciliari. Altri 2 indagati hanno visto applicata la misura dell’obbligo di dimora e l’unico minorenne coinvolto è stato collocato in una comunità per giovani.
Le accuse riguardano vari reati, tra cui traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, nonché accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti. Questo solleva interrogativi sulla continuità delle attività illecite all’interno dei carceri e sulla necessità di misure preventive più efficaci.
L’importanza della cooperazione interforze
L’operazione è stata un’illustrazione emblematica della cooperazione tra diverse unità della Polizia, inclusi il nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria e le squadre mobili di Catania, Siracusa e Catanzaro. Questa sinergia è fondamentale per garantire una risposta efficace e tempestiva di fronte a fenomeni di traffico di droga così complessi e sofisticati. L’inchiesta ha dimostrato l’importanza di affrontare il fenomeno del narcotraffico con strumenti investigativi adeguati e strategie che coinvolgano un’ampia gamma di risorse.
Rimane alta l’attenzione sulle modalità di introduzione di beni illegali nei carceri, un problema che richiede una risposta coordinata e mirata, che possa interrompere questo circolo vizioso di illegalità e violazioni della sicurezza.