Operazione della DDA di Potenza: 16 indagati per traffico di rifiuti e disastro ambientale in Basilicata

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Operazione della DDA di Potenza: 16 indagati per traffico di rifiuti e disastro ambientale in Basilicata - Occhioche.it

Ultimo aggiornamento il 26 Settembre 2024 by Redazione

Un’inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza ha portato all’emissione di 16 avvisi di garanzia per attività di traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Le indagini si concentrano sull’Itrec di Rotondella, un impianto ora in fase di smantellamento, dove si sospetta che siano avvenuti gravi abusi ambientali. I soggetti coinvolti sono dirigenti della Sogin, funzionari pubblici e operatori del settore.

Il contesto dell’inchiesta sull’Itrec di Rotondella

L’Itrec, situato a Rotondella, in provincia di Matera, è un sito di trattamento e smaltimento di rifiuti radioattivi e pericolosi. Dal 2014, secondo le ricostruzioni della procura, sarebbero stati scaricati in mare rifiuti pericolosi, contaminati da cromo esavalente e tricloroetilene. Queste sostanze, riconosciute come cancerogene, sono state smaltite senza alcun trattamento, contravvenendo alle normative ambientali vigenti. I rifiuti contaminati avrebbero provocato danni significativi all’ecosistema marino del mare Jonio e contribuito a un grave deterioramento della qualità ambientale della zona.

Le indagini avviate dalla DDA prendono avvio da segnalazioni di utenti e attivisti che avevano notato attività anomale presso l’impianto. Le ulteriori verifiche condotte dai Carabinieri del Noe hanno confermato la veridicità di queste segnalazioni, rivelando pratiche operative altamente discutibili da parte dei dirigenti del sito.

Le accuse formulate dalla procura

Le accuse mosse agli indagati comprendono attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale e falsità ideologica. In particolare, si ipotizza che gli operatori abbiano omesso di attuare le misure necessarie per prevenire la contaminazione del suolo e delle acque. Inoltre, l’accusa ha evidenziato che non è stato comunicato lo stato di contaminazione del sito, malgrado l’obbligo di farlo, per evitare un aumento dei costi aziendali e ridurre il potenziale impatto mediatico e politico dell’inchiesta.

Gli indagati avrebbero attestato falsamente lo stato delle acque da scaricare e sulla quale gravano già autorizzazioni e nulla osta in loro possesso. Parallelamente, è emerso che acque piovane e industriali venivano scaricate nel fiume Sinni, sempre senza alcun trattamento. Questo tipo di attività ha portato a una situazione di emergenza, oltre a violazioni di legge.

Le risposte di Sogin e il futuro dell’area

Sogin, la società di stato incaricata della gestione dei rifiuti nucleari, ha rilasciato una dichiarazione in cui chiarisce che la contaminazione non è stata causata dalle attività di smantellamento in corso. L’azienda sostiene di aver immediatamente trasmesso le segnalazioni di contaminazione alle autorità competenti non appena essa è stata rilevata. Queste circostanze, afferma Sogin, sono state oggetto di discussione in varie Conferenze di Servizio dal 2015 a oggi, e sono considerate parte delle buone pratiche aziendali.

Sogin ha sottolineato il proprio impegno per la salute pubblica e la tutela dell’ambiente, affermando di avere l’obiettivo primario di provvedere alla messa in sicurezza dell’area e di completare le operazioni di smantellamento dell’Itrec, lavorando in sinergia con le autorità giudiziarie. L’azienda precisa di volersi presentare come partner collaborativi, piuttosto che come entità con un obiettivo di profitto, chiamando a responsabilità tutte le parti coinvolte nel processo.

L’inchiesta in corso rappresenta un importante passo per chiarire le responsabilità e, contemporaneamente, mettere in luce le necessità di una maggiore vigilanza e regole più rigide nella gestione dei rifiuti pericolosi in Italia.

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