Enrico Preziosi, ex patron del Genoa, è stato sentito come testimone nel processo a carico di 15 ultrà accusati di estorsione al club. Preziosi ha rotto il muro di “non ricordo” degli altri testimoni, denunciando l’uso del potere per ottenere benefici personali. Ha dichiarato: “A loro del Genoa non è mai interessato nulla. Perseguono solo il loro interesse personale. Usavano il loro potere per ottenere maggiori benefici e denaro cavalcando le difficoltà della squadra. Ma io non ho mai avuto paura, nessun timore reverenziale”.
Preziosi ha sottolineato di non aver mai dato soldi e di aver delegato le questioni operative all’ex amministratore delegato Zarbano. Ha affermato: “Era Zarbano a occuparsi delle cose operative. Io mi fidavo di lui pienamente e aveva totale autonomia”. Inoltre, ha espresso la sua indignazione per il pagamento effettuato dalla Sicurart, definendolo un fatto che lo ha arrabbiato.
Preziosi ha anche raccontato di un incontro nel 2005 con Massimo Leopizzi, definendolo il “burattinaio”. Durante l’incontro, Leopizzi avrebbe cercato di costringerlo a confessare di aver venduto la partita contro il Venezia per ricattarlo. Preziosi ha respinto le accuse e ha lasciato l’incontro. Inoltre, ha ricordato un episodio del 2017 in cui Leopizzi e il presidente dei club genoani, Davide Traverso, si presentarono nel suo ufficio per chiedere il pagamento di un debito di 200mila euro di Milanetto verso uno straniero. Preziosi ha affermato che questa vicenda era solo un pretesto per ottenere soldi.
In conclusione, Enrico Preziosi ha testimoniato contro gli ultrà accusati di estorsione al Genoa, denunciando il loro interesse personale e l’uso del potere per ottenere benefici. Ha anche sottolineato di non aver mai dato soldi e di aver avuto fiducia nell’ex amministratore delegato Zarbano. Preziosi ha raccontato di un tentativo di estorsione da parte di Leopizzi nel 2005 e di un altro episodio nel 2017 in cui Leopizzi e Traverso cercarono di ottenere denaro.
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