Ultimo aggiornamento il 29 Agosto 2024 by Giordana Bellante
Il documentario “Riefenstahl”, presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ha l’obiettivo di decostruire l’immagine di Leni Riefenstahl, la celebre regista tedesca. Con l’ausilio di un vasto materiale d’archivio composto da oltre 50mila fotografie, il film diretto da Andres Veiel presenta una narrazione inquietante sulla vita e il lavoro di Riefenstahl, intersecando la sua biografia con eventi cruciali del regime nazista. Attraverso questa opera, il regista invita a riflettere sulla responsabilità dell’artista rispetto al contesto storico in cui operò.
La complessa figura di Riefenstahl
Un’artista sotto inchiesta
Leni Riefenstahl è una figura controversa, della quale il percorso artistico è indissolubilmente legato al regime nazista. Dopo la sconfitta della Germania nella seconda guerra mondiale, Riefenstahl ha cercato di riposizionarsi come un’artista apolitica, sostenendo che i suoi film, inclusi i celebri documentari sui Giochi Olimpici del 1936, erano mere commissioni da parte del regime e non riflettevano il suo pensiero o la sua ideologia. La narrazione che ha costruito sulla sua vita si è scontrata con la realtà dei fatti, e il documentario mette in luce quanto tali affermazioni possano essere fuorvianti.
Veiel si reca nei suggestivi archivi della Prussian Cultural Heritage Foundation di Berlino per portare alla luce filmati e fotografie che dimostrano il legame diretto di Riefenstahl con il nazismo. Il suo capitolo più oscuro include opere come “Il trionfo della volontà”, che celebra il Congresso del Partito Nazista del 1934, e la sua rappresentazione di Hitler quasi come una divinità in “Olympia”. Queste pellicole non solo evidenziano il suo talento come regista, ma anche il suo ruolo attivo nella glorificazione del regime.
La negazione e la manipolazione
Nonostante il materiale che potrebbe incriminarla, Riefenstahl ha sempre negato ogni accusa di complicità con il regime. Nel documentario, le vengono attribuite affermazioni che risalgono ai primi anni ’30, come quella di essersi innamorata di Hitler e di abbracciare con entusiasmo l’ideologia nazional-socialista. Queste dichiarazioni sono state, secondo Veiel, accuratamente rimosse dalla sua narrazione autobiografica, ma la ricerca ha portato a ritrovamenti che svelano la sua reale posizione.
Il racconto si arricchisce di interviste e dichiarazioni provenienti dall’epoca che testimoniano le scomode verità che Riefenstahl ha tentato di occultare. Gli archivi custoditi dalla Prussian Cultural Heritage Foundation rivelano la figura di una manipolatrice che ha saputo orchestrare una vera e propria operazione di pulizia della sua immagine pubblica, eliminando ogni traccia di aspetti potenzialmente incriminanti della sua vita e carriera.
Il confronto con il passato
Una lotta per l’onorabilità
Nel film, Riefenstahl viene ritratta mentre difende con fiera determinazione la propria onorabilità artistica. Mostra una fermezza inattaccabile, negando categorizzatamente di aver impiegato rom come comparse nei suoi film o di aver nutrito sentimenti razzisti nei confronti degli ebrei. In particolare, emergono dettagli inquietanti su un film sull’Olocausto, da lei stessa distrutto, che porterebbe nuove prove contro il suo tentativo di pulire il proprio passato.
Riefenstahl, pur essendo un’anziana donna, si dimostra battagliera e resiliente, salvaguardando gelosamente registrazioni di supporto ricevute da molti nel dopoguerra, come a voler affermare la propria innocenza e il proprio status di vittima. Questa costruzione del sé, secondo Veiel e la produttrice Sandra Maischberger, è un esempio chiaro di come una personalità pubblica possa manipolare la propria immagine.
Un parallelismo con il presente
Il racconto di Riefenstahl, per molti versi, si intreccia con scenari più recenti di manipolazione dell’informazione. Veiel ha tracciato un parallelo tra le tecniche adottate dalla regista e quelle utilizzate oggi in contesti politici, da Putin alle frasi provocatorie di Trump. “Riefenstahl era una manipolatrice. Le sue opere sono un esempio di fake news”, afferma Veiel, sottolineando l’importanza di una riflessione critica su quanto accaduto in passato e sulle sue ripercussioni odierne.
In un contesto in cui la manipolazione dell’immagine pubblica è più attuale che mai, il documentario “Riefenstahl” offre una lettura inedita dei meccanismi di costruzione della reputazione, sollecitando il pubblico a interrogarsi sulla responsabilità degli artisti nel rappresentare la realtà storica. Riefenstahl ha cercato per tutta la vita di giustificare il suo passato, ma come dimostra il film, la verità non si lascia facilmente sopprimere.