Il 20 Settembre 1870 rappresenta una data cruciale nella storia italiana, segnando l’entrata dell’esercito piemontese a Roma attraverso la Breccia di Porta Pia. Questo evento, descritto con intensità dallo scrittore Edmondo De Amicis nel quotidiano La Nazione, segna la fine del dominio temporale del Papato e l’unità d’Italia. In questo articolo, approfondiremo i dettagli storici, architettonici e culturali di questo momento fondamentale, mettendo in luce la sua importanza nella memoria collettiva italiana.
La Porta Pia, progettata da Michelangelo tra il 1561 e il 1565, è una delle porte storiche delle Mura Aureliane. Commissionata da Papa Pio IV, questa struttura sostituì la vecchia Porta Nomentana per facilitare il passaggio attraverso il tortuoso percorso dell’antica Via Nomentana. Il suo nome deriva dal Cardinale Angelo Medici di Marignano, che ne richiese la costruzione in onore del Papa.
La realizzazione della Porta Pia non costituì solo un’operazione estetica, ma anche strategica. La nuova Via Pia, che univa le Mura Aureliane a Piazza del Quirinale, seguiva il tracciato dell’antica Alta Semita, oggi corrispondente a Via del Quirinale e Via Venti Settembre. Questa sistemazione mirava a migliorare l’accessibilità e a facilitare la comunicazione tra diverse aree della città. La Porta Pia divenne quindi un simbolo non solo di ingegneria architettonica, ma anche della trasformazione della viabilità urbana a Roma.
Il 20 Settembre 1870, il generale Alfonso Ferrero della Marmora, a capo di circa 50.000 soldati, guidò un’operazione che cambiò il corso della storia d’Italia. Alle prime luci dell’alba, l’artigliere Giuseppe Valenti di Ferentino sparò il primo colpo di cannone. A partire da quell’istante, gli artiglieri piemontesi colpirono le mura per oltre tre ore, lanciando un totale di 888 proiettili e provocando un’ampia breccia nelle Mura Aureliane.
L’affrontamento tra i Bersaglieri e le truppe papaline guidate dal Generale Kanzler non si trasformò nell’epica battaglia che molti si aspettavano. In realtà, si trattò di un conflitto locale, caratterizzato da una rapida escalation di violenza, che portò alla morte di 49 soldati piemontesi e 20 papalini. Claudio Fracassi, nel suo libro “La Breccia di Porta Pia”, evidenzia come questo evento sia stato chiaramente contraddittorio, lontano dalle narrazioni eroiche tradizionali e dall’idea di una grande vittoria militare.
Dopo l’irruzione dell’esercito piemontese, il 2 Ottobre del 1870 avvenne un Plebiscito che sancì ufficialmente l’annessione degli ex domini papali al Regno d’Italia. Con un’affluenza straordinaria, la popolazione si espresse a favore di un’Italia unita, contrariamente all’invito della Curia romana all’astensionismo dei cattolici. Questa vittoria dei “Sì” rappresentò un passo fondamentale verso l’unità nazionale, spezzando secoli di dominio ecclesiastico sulla capitale.
Il nuovo assetto politico non venne accolto bene da Papa Pio IX, il quale reagì dichiarandosi prigioniero nei Palazzi del Vaticano. Nonostante la “Legge delle guarentigie” del 1871 avesse riconosciuto le prerogative dello Stato Pontificio, non fu sufficiente a placare i rancori del Pontefice, che nel 1874 emanò il Documento “Non Expedit”, esortando i cattolici a evitare la partecipazione alla vita politica italiana.
Oggi la memoria della Breccia di Porta Pia viene celebrata attraverso il Museo Storico dei Bersaglieri, situato proprio all’interno della porta. Inaugurato nel 1904 dal re Vittorio Emanuele III, il museo funge da custode della storia e delle tradizioni del corpo dei bersaglieri, mantenendo vivo il ricordo di quello scontro e del contesto storico dell’epoca.
La Breccia di Porta Pia non è solamente un evento storico, ma rappresenta anche una rinascita culturale per il territorio romano. L’idea di libertà che ne deriva oggi è spesso evocata da storici e cittadini, i quali la identificano come un simbolo di emancipazione. L’atto di ricordare la Breccia non è solo un tributo al passato, ma un invito a riflessioni più profonde sulla libertà e sull’identità nazionale che tutti noi condividiamo.
Questa giornata non deve essere vista solo come la celebrazione di un evento, ma come un’opportunità per comprendere i cambiamenti culturali, politici e sociali che hanno segnato la nostra storia.
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