Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2023 by Redazione
Padre di Saman si difende: “Non ho mai pensato di uccidere mia figlia”
Shabbar Abbas, padre di Saman, ha parlato davanti ai giudici della Corte di assise di Reggio Emilia per difendersi dalle accuse di omicidio della figlia diciottenne. L’uomo ha dichiarato con emozione: “Mai nella vita mia ho pensato di uccidere mia figlia. Neanche gli animali fanno queste cose. Signori giudici non ho mai pensato queste cose”. Ha sottolineato di non essere una persona ricca o mafiosa, respingendo le accuse mosse contro di lui. Ha anche negato di aver minacciato il fidanzato di Saman e di essere fuggito dopo l’omicidio.
Il padre parla del rapporto tra Saman e Saqib
Shabbar Abbas ha spiegato che il rapporto tra Saman e Saqib, il fidanzato della giovane, non era considerato positivo dalla famiglia. Ha affermato che non era amore e che i parenti erano arrabbiati. In particolare, non piaceva ai familiari che i due giovani pubblicassero foto sui social media. Ha descritto Saman come una ragazza intelligente ma che diceva anche bugie, cosa che gli faceva male. Ha ribadito di non aver mai pensato male di sua figlia e di aver sempre lavorato onestamente.
Critiche ai servizi sociali e dolore per la perdita
Shabbar Abbas ha criticato i servizi sociali, sostenendo che non si prendono cura adeguatamente dei minori e che rovinano la loro vita. Ha raccontato di non sapere perché sua figlia veniva portata via dai servizi sociali e di come i carabinieri non gli dessero informazioni. Ha sottolineato che la sua vita ora è fatta di dolore e di lacrime, poiché sua figlia non c’è più. Ha concluso le sue dichiarazioni con l’appello a scoprire chi ha ucciso sua figlia e ha espresso il suo dolore per la sua perdita.
Si attende la sentenza
La sentenza del processo è attesa nel pomeriggio. Cinque familiari della vittima sono imputati per omicidio e soppressione di cadavere: il padre Shabbar Abbas, lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, e la madre Nazia Shaheen, latitante in Pakistan. La Procura reggiana ha chiesto condanne all’ergastolo per i genitori e 30 anni di carcere per gli altri imputati.