Sanità: liste attesa 'incubo' - Mammografia in due anni, visita urgente in tre mesi - avvisatore.it
Le liste di attesa rappresentano un vero e proprio “incubo” per i cittadini che si rivolgono al Servizio Sanitario Nazionale. Secondo un’indagine condotta da Cittadinanzattiva nel 2023, i tempi di attesa per accedere a determinate prestazioni mediche sono diventati sempre più lunghi, causando preoccupazione e rinuncia alle cure.
Le segnalazioni dei cittadini raccolte da Cittadinanzattiva evidenziano tempi di attesa estremamente lunghi per le prime visite specialistiche, anche per quelle che dovrebbero essere garantite entro 10 giorni con un codice di priorità. Ad esempio, si arriva ad attendere fino a 60 giorni per una visita cardiologica, endocrinologica, oncologica e pneumologica. Senza codice di priorità, i tempi di attesa possono arrivare fino a 360 giorni per una visita endocrinologica e 300 giorni per una visita cardiologica. Inoltre, una visita ginecologica urgente, che dovrebbe essere fissata entro 72 ore, è stata programmata dopo 60 giorni dalla richiesta. Questa situazione mette in evidenza la difficoltà dei pazienti nel ricevere cure tempestive e necessarie.
Una paziente che ha segnalato il suo caso a Cittadinanzattiva ha raccontato la sua esperienza: “Ho contattato il Cup della mia Regione perché dovevo fissare una prima visita cardiologica urgente. Sulla ricetta il medico ha scritto il codice U (urgente), ma il Cup non ha trovato nessuna struttura presso la quale potessi effettuare la visita entro 72 ore e mi ha consigliato di rivolgermi ad una struttura privata. È giusto che io debba farmi carico di queste spese?”.
Anche per quanto riguarda le prestazioni diagnostiche, i tempi di attesa segnalati sono molto lunghi. Ad esempio, sono stati riportati casi di attesa di 150 giorni per una mammografia con codice di priorità da svolgersi entro 10 giorni e addirittura 730 giorni per una mammografia programmabile. Inoltre, si arriva a dover attendere un anno intero per una gastroscopia con biopsia, senza che sia segnalata alcuna priorità. Anche per gli interventi chirurgici, i tempi di attesa superano di gran lunga quelli previsti. Ad esempio, una paziente che necessitava di un intervento per tumore all’utero, che avrebbe dovuto essere effettuato entro 30 giorni, ha dovuto aspettare ben 90 giorni, tre volte il tempo previsto.
I dati raccolti indicano che la maggior parte delle Regioni non è riuscita a recuperare le prestazioni in ritardo a causa della pandemia e che non tutte hanno utilizzato i fondi stanziati per il recupero delle liste d’attesa. Inoltre, dalle indagini Istat emerge una riduzione del numero di persone che effettuano visite specialistiche e accertamenti diagnostici. In particolare, nel 2022 si è registrata una riduzione del 3,5% nel numero di persone che hanno effettuato visite specialistiche e del 3,7% nel numero di persone che hanno effettuato accertamenti diagnostici rispetto al 2019. Questa situazione ha portato ad un aumento delle persone che pagano interamente a proprie spese le visite specialistiche e gli accertamenti diagnostici.
Secondo un’indagine di Salutequità, il livello di rinuncia alle cure da parte dei cittadini che ne avrebbero bisogno è peggiorato nel 2022 rispetto al 2019. Nel 2022, il 7% dei cittadini ha rinunciato alle cure necessarie, con un aumento dello 0,7% rispetto al 2019. Le differenze regionali sono significative, con la Sardegna che registra il più alto tasso di rinuncia alle cure (12,3%) e la Campania il più basso (4,7%).
Le liste di attesa rappresentano quindi un problema crescente per la sanità pubblica, con tempi di attesa sempre più lunghi che mettono a rischio la salute dei cittadini. È necessario adottare misure urgenti per ridurre i tempi di attesa e garantire l’accesso tempestivo alle cure necessarie.
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