Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2024 by Luisa Pizzardi
La morte di Ines, una donna di 51 anni lombarda affetta da sclerosi multipla, ha riacceso il dibattito sul suicidio medicalmente assistito in Italia. Dopo aver atteso invano la risposta dell’azienda sanitaria locale alla sua richiesta, ha deciso di recarsi in Svizzera, dove ha potuto avvalersi di questa opzione legale. L’Associazione Luca Coscioni ha reso noto il suo decesso e ha evidenziato le difficoltà che molti pazienti affrontano nel sistema sanitario italiano.
Il calvario di Ines e la burocrazia sanitaria
Storia di una lunga attesa
Ines ha combattuto contro la sclerosi multipla per quasi venti anni, una condizione che le aveva reso la vita insopportabile. La donna ha presentato nel maggio scorso la richiesta di accesso al suicidio medicalmente assistito dopo la sentenza 242 della Corte Costituzionale del 2019, che ha stabilito le modalità per attivare questo processo legale in Italia. Tuttavia, nonostante i requisiti richiesti siano stati soddisfatti, l’azienda sanitaria locale non ha mostrato una risposta tempestiva.
Dopo diverse visite da parte della commissione medica della Asl, che non ha fornito una valutazione definitiva, Ines ha dovuto affrontare un ulteriore ritardo. La frustrazione è aumentata dopo la mancanza di notizie riguardo al parere del Comitato etico, decisamente cruciale per la sua richiesta. In seguito alla prima diffida inviata dai suoi legali, la Asl ha risposto in modo evasivo, sottolineando ulteriormente il rallentamento burocratico.
Conseguenze sulle scelte di vita
In questo contesto di incertezze e attese interminabili, Ines ha fatto la difficile scelta di recarsi in Svizzera, dove il suicidio assistito è regolamentato e accessibile. La decisione, presa dopo aver valutato le proprie condizioni insostenibili, ha messo in rilievo la solitudine di molte persone che si trovano in simili situazioni. Le attese prolungate possono risultare fatali, mentre la legge italiana, pur riconoscendo il diritto, non offre le garanzie e i tempi certi di risposta.
Il ruolo dell’Associazione Luca Coscioni e la campagna ‘Liberi subito’
Un supporto concreto per i diritti
L’Associazione Luca Coscioni, attiva nel promuovere i diritti civili e in particolare il diritto al suicidio assistito, ha fornito supporto a Ines nel suo difficile percorso. Marco Cappato, presidente della frequente associazione, e i suoi collaboratori sono stati i punti di riferimento per la donna, accompagnandola in Svizzera e garantendo l’assistenza necessaria. La loro opera mette in evidenza come sia fondamentale il ruolo delle associazioni nella lotta per la tutela dei diritti dei malati.
Proposta legislativa e impegno attivo
La questione del suicidio assistito, accolta con diverse opinioni in Italia, ha portato l’Associazione a lanciare la campagna ‘Liberi subito’. Questa iniziativa punta a raccogliere firme per una proposta di legge regionale che garantisca un percorso chiaro e definito per la richiesta di suicidio assistito. L’obiettivo principale è fornire tempi certi per le valutazioni richieste dal Servizio sanitario nazionale, evitando che i pazienti siano costretti a vivere situazioni intollerabili mentre attendono risposte burocratiche.
L’importanza del dibattito pubblico
L’evento di Milano
Oggi, a Milano, si svolgerà una conferenza stampa in cui interverranno importanti figure legate alla causa, tra cui Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni, e gli attivisti che hanno sostenuto Ines nel suo percorso. L’evento si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di riforme legislative e la tanto auspicata liberalizzazione delle procedure legate al suicidio assistito, un tema che continua a far discutere ampi settori della società italiana.
Un futuro incerto e la necessità di un cambiamento
La morte di Ines rappresenta un episodio maestoso che solleva interrogativi sul futuro della legislazione italiana riguardo al suicidio assistito. L’Italia è chiamata a riflettere sul sistema attuale, sul rispetto dei diritti dei pazienti affetti da malattie incurabili e sulla necessità di garantire un’assistenza tempestiva, umana e rispettosa della dignità di ogni persona. Il dibattito è solo all’inizio e si prevede che continui a sorgere con nuove rivelazioni e storie di vita.