Scoperta archeologica: svelato il mistero della ‘Mummia urlante’ di Luxor, 89 anni dopo il ritrovamento

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Scoperta archeologica: svelato il mistero della 'Mummia urlante' di Luxor, 89 anni dopo il ritrovamento - Occhioche.it

Ultimo aggiornamento il 2 Agosto 2024 by Luisa Pizzardi

La storia della ‘Mummia urlante’, nota per il suo inquietante stato di conservazione e per il suo volto che sembra esprimere un grido, continua a fare discutere nel mondo scientifico. Scoperta nel 1935 nei pressi di Luxor, la mummia di una donna egiziana di circa 3.500 anni fa è ora al centro di uno studio condotto da ricercatori dell’Università del Cairo. Utilizzando tecnologie moderne, gli esperti cercano di comprendere i dettagli della vita e della morte della donna, rivelando segreti che alimentano la curiosità tanto degli studiosi quanto del grande pubblico.

La scoperta della mummia e il suo contesto storico

Nel 1935, durante una spedizione archeologica a Deir Elbahari, vicino a Luxor, gli scavi guidati dal Metropolitan Museum di New York portarono alla luce una tomba ricca di storia, quella di Senmut, un architetto che visse durante il regno della regina Hatshepsut. La tomba, risalente al 1479-1458 a.C., ospitava diverse sepolture, tra cui quella della ‘Mummia urlante’, che colpì immediatamente gli archeologi per la sua espressione straordinaria e inquietante. La donna giaceva in una bara di legno con una parrucca nera e adornata da anelli in oro e argento, ma ciò che affascinava di più era il suo viso, apparentemente fissato in una smorfia. La mummificazione della donna è stata oggetto di numerosi studi nel corso degli anni, e il suo nome è rimasto impresso nell’immaginario collettivo.

Scoperte recenti: analisi moderna e tecniche all’avanguardia

Negli ultimi anni, la mummia è stata oggetto di uno studio approfondito condotto dalla professoressa Sahar Saleem e dalla collega Samia El-Merghani. Utilizzando tecnologie avanzate come la tomografia computerizzata e la microscopia elettronica a scansione , il team ha potuto rivelare dettagli inediti sulla vita della donna. Grazie a questi moderni strumenti di diagnostica, gli studiosi sono riusciti a determinare che la mummia apparteneva a una donna alta circa 1,54 metri, morta intorno ai 48 anni e affetta da artrite. Le analisi hanno inoltre evidenziato segni di interventi dentali, suggerendo che fosse stata trattata da uno dei primissimi dentisti della storia.

Una particolare attenzione è stata dedicata all’espressione facciale della mummia, descritta come uno spasmo cadaverico, indicativa di una morte avvenuta in condizioni di grande dolore o agitazione. Tuttavia, il mistero della causa della morte rimane irrisolto, poiché gli studiosi non hanno trovato prove evidenti di lesioni o traumi sul corpo.

Analisi dei materiali preziosi e innovazioni nell’imbalsamazione

Oltre ad esaminare lo stato di salute della ‘Mummia urlante’, le ricerche hanno rivelato meraviglie anche sul processo di imbalsamazione, rivelando un uso di ingredienti rari e costosi. Secondo quanto riportato nello studio, l’imbalsamazione sembrerebbe essere stata di alto livello, con l’uso di ginepro e incenso, materiali che erano spesso associati a persone di status elevato nell’antico Egitto. Questa scoperta sottolinea non solo la cultura e le pratiche funerarie dell’epoca, ma anche il commercio attivo di sostanze rare.

La parrucca della mummia, realizzata con fibre di palma da dattero e trattata con materiali di pregio, offre ulteriore prova del valore sociale di questa donna. La tecnologia di imbalsamazione dell’epoca, tradizionalmente intesa in un certo modo, è messa in discussione, suggerendo nuove prospettive sulla cura e il rispetto mostrati verso il defunto.

Incertezze sull’interpretazione del ritrovamento

Le nuove scoperte hanno messo in discussione molte precedenti supposizioni riguardo alla conservazione della ‘Mummia urlante’. Il mito di una cattiva imbalsamazione è stato praticamente sfatato, e ora si ipotizza che l’aspetto della mummia non sia casuale, ma piuttosto indicativo di una morte drammatica. Nonostante ciò, restano molte incognite: la causa del suo viso in perenne smorfia e altri aspetti della sua vita e morte rimangono avvolti nel mistero. Lo studio continua quindi a stimolare interrogativi e riflessioni sul significato di questo ritrovamento e su come le società antiche trattassero gli individui di rango o le persone in momenti di grande sofferenza.

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