Ultimo aggiornamento il 5 Agosto 2024 by Luisa Pizzardi
markdown
Un’importante operazione della Guardia di Finanza di Pescara ha messo in luce una massiccia evasione fiscale legata alle vendite online. L’indagine, che si è focalizzata su un periodo tra il 2017 e il 2018, ha rivelato un’assenza di tributi per più di 300 milioni di euro Iva da parte di 850 aziende. Questa frode ha coinvolto transazioni che ammontano a oltre 1,3 miliardi di euro, tutte avvenute attraverso piattaforme di e-commerce senza il rispetto delle normative fiscali italiane.
La genesi dell’inchiesta
L’attività “digitale” della Guardia di Finanza
L’indagine delle Fiamme Gialle ha preso avvio da un’analisi dettagliata delle transazioni online. L’importanza della digitalizzazione ha permesso agli investigatori di incrociare dati provenienti da marketplace con le banche dati dell’amministrazione fiscale. Questo ha reso possibile identificare 850 aziende su 2.500 analizzate, che hanno evaso l’imposta sul valore aggiunto, generando un danno significativo sia per l’erario che per i concorrenti onesti.
Un panorama internazionale
Le aziende coinvolte nell’inchiesta non sono solo italiane, ma provengono anche da diversi paesi, sia dell’Unione Europea — come Francia, Germania, Spagna e Polonia — sia extraeuropei, quali Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Cina. Questo dimostra la portata internazionale della frode, sottolineando la difficoltà di controllare le vendite effettuate sull’asse digitale.
Le modalità di evasione fiscale
Le vendite online non dichiarate
I dati emersi dall’indagine rivelano un picco di transazioni effettuate in “nero”, con un impatto notevole sul mercato: il 47% delle vendite totali di un valore di oltre 3 miliardi di euro, si è concentrato sulle aziende nella situazione di evasione. Queste operazioni hanno non solo intaccato le finanze pubbliche per la mancata riscossione dell’Iva, ma hanno anche messo in difficoltà quelle imprese che rispettano le normative fiscali, le quali si trovano a competere con prezzi gonfiati a causa del carico tributario.
L’assenza di partita Iva
L’analisi effettuata ha evidenziato che molti degli operatori identificati non avevano alcuna partita Iva registrata in Italia, un requisito essenziale per poter operare legalmente nel mercato nazionale. Questo ha comportato una vera e propria “evasione sistematica” delle normative fiscali, rendendo questi soggetti inavvicinabili alle misure di controllo standard.
Il quadro normativo e le conseguenze
La normativa vigente
Nel periodo indagato, la normativa per le vendite a distanza tramite e-commerce stabiliva che l’imposta dovesse essere pagata direttamente dall’operatore commerciale nello Stato membro di destinazione, se il fatturato superava determinati limiti. La soglia era di 35.000 euro, importo che ha poi visto un adeguamento a 10.000 euro nel corso del 2021, ampliando le possibilità di tassazione.
Obblighi fiscali e rappresentanza
Al raggiungimento della soglia di vendite, le aziende erano obbligate non solo a registrarsi e dichiarare l’imposta, ma anche a indicare un rappresentante fiscale che potesse gestire gli adempimenti tributari sul territorio italiano. La mancanza di tale registrazione delle 850 aziende ha contribuito in modo determinante alla creazione di un contesto di concorrenza sleale, in cui le imprese che rispettano le leggi fiscali pagano mosse svantaggiate da costi maggiori.
La complessità del mercato online rende necessaria un’azione coordinata per garantire equità tra le imprese e per proteggere le entrate fiscali da azioni evasive che danneggiano l’intero sistema economico. L’operato della Guardia di Finanza rappresenta un passo fondamentale in questa direzione, promuovendo la legalità nel commercio elettronico.