Scoperti i retroscena dell’omicidio di Fabio Ravasio: sei fermati e un piano premeditato - Occhioche.it
Un’indagine complessa sta emergendo a seguito dell’omicidio di Fabio Ravasio, 52 anni, avvenuto il 9 agosto a Parabiago, in provincia di Milano. L’aggressione che inizialmente era stata trattata come un “incidente” si è trasformata in una terribile verità: sei persone sono state fermate, accusate di aver orchestrato e compiuto il delitto. Tra di loro, anche la compagna della vittima, ritenuta dagli inquirenti la mente del piano omicida.
Gli interrogatori di garanzia si sono conclusi davanti al Giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio, Anna Giorgetti. Tra i sei fermati c’è Adilma Pereira Carneiro, 49 anni, compagna della vittima, accusata di essere l’artefice di un omicidio premeditato con motivi di profitto economico. Secondo gli inquirenti, la piede di Ravasio, stimabile in circa 3 milioni di euro, sarebbe stata il principale movente. Durante gli interrogatori, Adilma e il suo figlio Igor Benedito si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, così come Marcello Trifone, il marito di Adilma, attualmente in un matrimonio legalmente valido dal 2015, e Massimo Ferretti, amante di Adilma e gestore di un bar locale, che ha confessato il suo coinvolgimento nel piano.
Le indagini indicano che a condurre l’auto che ha investito Ravasio fosse Igor, che si trovava nel veicolo insieme a Trifone. Mirko Piazza e Fabio Lavezzo, reclutati rispettivamente come palo e complice, hanno confermato la loro partecipazione. Lavezzo ha tentato di alleggerire la sua posizione dichiarando di non essere a conoscenza delle reali intenzioni del piano, comunque rivelati dalle intercettazioni avvenute tra Adilma e Trifone, dove emerge la preparazione meticolosa dell’azione.
Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, l’auto utilizzata per commettere il delitto era una Opel Corsa registrata a nome di Adilma, la cui targa era stata modificata per depistare le indagini. L’azione è stata eseguita mentre Ravasio si trovava in bicicletta. Le indagini hanno portato alla luce prove significative, comprese registrazioni audio di telefonate che delineano chiaramente il piano deliberato dall’accusata, evidenziando una strategia di azione pianificata nei minimi dettagli.
Adilma, titolare di beni immobili significativi, tra cui una cascina e una villa a Parabiago, nonché un appartamento a Mentone e una proprietà a Vieste, avrebbe architettato il delitto principalmente per trarne un vantaggio economico. I beni di Ravasio, uniti a quelli della donna e a un patrimonio considerevole, testimoniano il contesto di avidità che potrebbe aver innescato l’omicidio. Il dramma umano si intreccia con un complesso intreccio di relazioni e interessi economici, dove i legami familiari e le infedeltà rendono la vicenda ancora più tragica.
Con la chiusura degli interrogatori di garanzia, gli inquirenti stanno ora preparando le prossime fasi del processo. La situazione giuridica dei sei fermati rimane delicata e complessa: le prove raccolte attraverso indagini meticolose devono ancora essere presentate in aula. La comunità locale è scossa da questo evento tragico, con un crescente desiderio di giustizia per una vita spezzata in circostanze così drammatiche e premeditate. La vicenda di Ravasio solleva interrogativi su diverse dinamiche di vita familiare e sulla natura dell’avidità, che può condurre a conseguenze fatali.
Il delitto ha catturato l’attenzione non solo della stampa locale, ma anche dei social media, dove le reazioni dei cittadini oscillano tra incredulità e angoscia. Parabiago, un comune noto per la sua tranquillità, si deve confrontare con un evento così luttuoso e destabilizzante. La comunità attende ora aggiornamenti dalle autorità competenti, mentre il peso della tragedia si fa sentire in ogni angolo della cittadina.
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