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“Seydou, il sogno non ha colore”: il film documentario contro il razzismo debutta a Venezia

Il film documentario “Seydou, il sogno non ha colore”, diretto da Simone Aleandri e presentato al festival di Venezia, tratta temi cruciali come il razzismo e l’identità. In onda domani su Rai3, l’opera mette in luce la vita di Seydou Sarr, giovane talento che sogna di diventare calciatore. Mentre il festival è animato da star internazionali, Seydou si erge come portavoce di una campagna di sensibilizzazione contro il razzismo, in un contesto dove bellezza e sfarzo si intrecciano con realtà dure e sfide quotidiane.

Il messaggio di speranza contro il razzismo

Nel contesto scintillante del festival di Venezia, il giovane Seydou Sarr svolge anche il ruolo di ambasciatore della campagna “Keep Racism Out”, lanciata per combattere il razzismo nel calcio. Questa importante iniziativa ha preso il via il 30 agosto e continuerà per tutto il campionato. Seydou, attraverso le sue parole, sottolinea quanto sia essenziale la leadership e l’esempio nel mondo dello sport: «Essere un capitano significa avere grande responsabilità, essere un buon esempio, come una madre lo è per la sua famiglia». Il documentario si propone di mantenere alta l’attenzione su un tema tanto delicato, ponendo l’accento sull’importanza di continuare a parlare del razzismo e delle sue conseguenze sociali.

Il film è una risposta a una domanda provocatoria: “Come fai a odiare qualcuno che non conosci?” Seydou, con il suo coraggio e la sua passione, ci invita a riflettere sull’assurdità di tali sentimenti e sugli effetti devastanti che hanno sullo sport e nella vita di tutti i giorni. L’arte e lo sport si intrecciano in questo racconto, evidenziando le similitudini delle esperienze di discriminazione vissute da molti atleti, creando un messaggio universale di unità e comprensione.

Un viaggio tra campioni e leggende del calcio

Nel documentario, Seydou Sarr non è solo un protagonista solitario, ma incontra facce famose del calcio italiano e internazionale. Calciatori come Dybala, Messias, e leggende come Francesco Totti e Ciro Ferrara fanno parte del suo viaggio. Questi incontri sono molto più che semplici chiacchiere: Seydou cerca di apprendere le storie di questi atleti, di conoscerne le esperienze e di raccontare la sua lotta contro il pregiudizio.

Il viaggio non è esclusivamente fisico, ma anche simbolico. Attraverso le interazioni con i suoi idoli, Seydou sperimenta il potenziale del calcio come veicolo per il cambiamento sociale. Nonostante l’apparente glamour del mondo del calcio, rimangono presenti le ombre del razzismo, con episodi di insulti e discriminazioni che infestano stazioni, strade e social media. Seydou diventa la voce di chi desidera essere valutato non per il colore della pelle, ma per il talento e le azioni concrete.

La sua esperienza rappresenta l’emblema di un movimento crescente contro le ingiustizie e la discriminazione, ma anche di una realtà che spesso viene trascurata, dove non è sufficiente parlare di uguaglianza per conquistarla.

Dalle red carpet alle radici: la storia di Seydou

Seydou Sarr, pur essendo un giovane talento da un anno sotto i riflettori, trova sempre il tempo per tornare alle sue origini. Dopo aver vissuto esperienze come la notte degli Oscar, torna a Fregene dove ha trovato ospitalità presso la madre del regista Garrone, un gesto di umanità che sottolinea l’importanza delle radici e della famiglia. «Io sono sempre lo stesso ragazzo del Senegal che sogna di fare il calciatore e sa di avere qui in Italia la grande occasione», dice Seydou.

La sua storia personale riflette la combinazione di sogni e realtà, di aspirazioni e sfide quotidiane. Sebbene il futuro resti incerto, il sostegno che riceve da nomi di prestigio nel mondo del cinema e dello sport rappresenta un chiaro segnale che il cambiamento è possibile. Con la presenza di figure influenti come Paolo Del Brocco, produttore di Rai Cinema, e Ivan Zazzaroni, direttore di testate importanti, Seydou si sente supportato nella sua missione.

Il messaggio trasmesso dal documentario è rivolto in particolare ai giovani, con l’obiettivo di educare e formare generazioni che possano verbalizzare e affrontare le ingiustizie. La speranza è che si arrivi a un giorno in cui frasi come “Come fai a odiare qualcuno che non conosci?” vengano sostituite da una cultura di rispetto e accettazione.

Giordana Bellante

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