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Sfratto forzoso a Tor Marancia: dramma di una donna sola segna la lotta per il diritto alla casa

Il 19 settembre è stato un giorno di tensione e disperazione a Tor Marancia, quartiere di Roma, dove si è consumato l’ennesimo sfratto forzoso che ha sollevato interrogativi profondi sulla crisi abitativa nella capitale. Francesca, una donna senza lavoro, ha dato vita a una protesta estrema, decidendo di legarsi con catene al balcone della sua abitazione. Questo gesto di resistenza ha scosso la comunità e ha attirato l’attenzione di associazioni e residenti, accesi nel sostenere il suo diritto a una casa.

La storia di Francesca: una vita di precarietà

Francesca viveva nel suo appartamento da oltre vent’anni, una dimora di proprietà della CASSA FORENSE, oggi gestita da FABRICA SGR del Gruppo CALTAGIRONE. Fino a poco tempo fa, la sua vita seguiva un percorso relativamente stabile, ma la perdita del lavoro ha segnato una svolta drammatica. L’incapacità di pagare l’affitto ha aperto la strada a una situazione insostenibile, culminata in un ordine di sfratto.

Il pagamento dell’affitto, che per anni aveva sfiorato i mille euro al mese, è diventato un peso insopportabile. Con la liquidazione ormai esaurita e nessuna prospettiva occupazionale in vista, Francesca si è vista costretta a combattere per mantenere un tetto sopra la testa. La sua storia non è un caso isolato, ma rappresenta una delle migliaia di situazioni critiche che caratterizzano la vita quotidiana di molti romani.

Un momento di tensione: la protesta e l’intervento della polizia

La mattina del 19 settembre ha visto l’arrivo della polizia, che ha presidiato il palazzo di Francesca fin dalle prime luci dell’alba. L’intento delle forze dell’ordine era di garantire lo svolgimento regolare dello sfratto, mentre negli immediati dintorni si radunava una folla di attivisti, membri del sindacato ASIA USB e residenti, tutti uniti per sostenere la donna. L’atmosfera era carica di emozioni, con proteste e manifestazioni di solidarietà che risuonavano forti e chiare.

Angelo Fascetti, portavoce di ASIA USB, ha descritto l’ingiustizia della situazione, denunciando il blocco degli accessi che impediva ai sostenitori di accedere all’abitazione. La tensione cresciuta durante le ore di attesa è culminata in un intervento della polizia, che ha tagliato le catene legate al balcone di Francesca e l’ha riportata all’interno della casa. “Ora è chiusa in casa – ha dichiarato Fascetti – ma non ci sono soluzioni abitative concrete per lei.”

La crisi abitativa a Roma: un problema sistemico

Il caso di Francesca è emblematico di una crisi abitativa che ha toccato diverse famiglie a Roma. Secondo le stime, oltre 15 sfratti al giorno vengono eseguiti nella capitale, spesso senza alcuna soluzione alternativa per gli sfrattati. ASIA USB ha posto l’accento sull’esigenza di garantire il rispetto della Costituzione e sui diritti di ogni cittadino alla casa. Con l’avvicinarsi del Giubileo, il problema si aggrava ulteriormente, poiché gli immobili vengono svenduti o trasformati in alloggi temporanei per turisti, spingendo i locali fuori dalle loro abitazioni.

Francesca, intervistata tempo fa, aveva espresso la sua angoscia in modo chiaro: “Non ho più soldi, non ho un lavoro, sono sola e non so dove andare.” Queste parole risuonano non solo come un grido di aiuto, ma come un forte richiamo alla responsabilità sociale e alla necessità di affrontare la crescente precarietà abitativa nella capitale. La sua battaglia è simbolo della lotta per il diritto alla casa che deve essere sostenuta non solo dalle istituzioni, ma anche dalla società civile, affinché la dignità di ogni individuo possa essere preservata.

Luisa Pizzardi

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