Smantellato un traffico illegale di uccelli da richiamo: allevatore denunciato e cacciatori coinvolti - Occhioche.it
Le recenti indagini dei Carabinieri forestali hanno portato alla luce un’operazione di traffico illecito di uccelli da richiamo, che ha coinvolto un allevatore della provincia di Ancona e alcuni cacciatori delle regioni Marche e Umbria. Questo caso solleva interrogativi sul commercio illegale e le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere questi animali.
Dopo complesse indagini condotte dai Carabinieri forestali, tra cui perquisizioni e ispezioni delegate dalla Procura della Repubblica di Ancona, è stato portato alla luce un giro d’affari annuo stimato in circa 20mila euro, legato al commercio illegale di casi di fauna selvatica. L’allevatore denunciato è accusato di maltrattamento degli animali, detenzione e commercio di fauna selvatica in violazione della legge n. 157/1992, contraffazione di sigilli di Stato e frode nell’esercizio del commercio.
Le conseguenze legali di tali reati sono severe; l’allevatore rischia pene che vanno da uno a cinque anni di reclusione. Gli inquirenti hanno evidenziato la gravità del problema del traffico di uccelli da richiamo, un fenomeno che danneggia la fauna selvatica, non solo per il numero di animali coinvolti, ma anche per le modalità con cui avviene la cattura e la successiva vendita.
Il caso in questione mette in luce le problematiche legate alla mancanza di controlli e la difficoltà di contrastare un mercato che continua a prosperare. La vendita di animali da richiamo avviene spesso in modo furtivo, con cacciatori ignari che si ritrovano a comprare uccelli di provenienza illegale, credendo di acquistare animali nati in cattività. Questo non solo compromette gli sforzi di conservazione della fauna selvatica, ma offre anche un ritratto inquietante delle pratiche commerciali adottate da coloro che operano nel settore.
Le ispezioni condotte con il supporto di un medico veterinario hanno rivelato un panorama a dir poco allarmante. Gli uccelli da richiamo, appartenenti alla famiglia dei turdidi, tra cui tordi, merli e cesene, vivevano in gabbiette anguste e sporche, senza la possibilità di volare. Le condizioni in cui venivano tenuti erano decisamente inadeguate, con spazi non idonei e contaminati da escrementi, una situazione che ha sollevato serie preoccupazioni circa il benessere animale.
La vita in gabbia non solo pregiudica la salute degli esemplari, ma viola anche leggi fondamentali sul benessere degli animali, le quali sono state ignorate dall’allevatore. La qualità della vita di questi animali è stata ulteriormente compromessa dalla manipolazione degli anelli di identificazione, che avrebbero dovuto attestare la loro origine legalmente accettata.
Il traffico di uccelli da richiamo è uno dei crimini che più colpisce la fauna selvatica italiana, con una macchina illegalmente attiva che raccoglie questi volatili in natura, per poi rivenderli spacciandoli come animali da allevamento. I trafficanti, per rendere le loro pratiche meno rintracciabili, utilizzano anelli contraffatti, manipolati per sembrare ufficiali, con l’intento di ingannare sia le autorità che i compratori. Al di là delle implicazioni legali, si tratta di una violazione etica che solleva interrogativi sulla responsabilità nella gestione della fauna selvatica e nella promozione di pratiche sostenibili.
L’operazione dei Carabinieri forestali rappresenta un passo significativo nella lotta contro il traffico di fauna selvatica, ma evidenzia anche un problema più ampio che affligge l’Italia. La crescente domanda di uccelli da richiamo per scopi venatori rende difficile il contrasto a questo fenomeno, alimentando un mercato che prospera sull’ignoranza e sull’indifferenza.
Le istituzioni sono chiamate a intensificare i controlli e le campagne di sensibilizzazione per educare il pubblico riguardo le conseguenze del commercio di animali selvatici. È fondamentale fare luce sui danni collaterali di queste pratiche, non solo per garantire il benessere degli animali ma anche per tutelare l’equilibrio degli ecosistemi in cui vivono.
L’azione legislativa e il coinvolgimento attivo della comunità sono essenziali per garantire che gli uccelli da richiamo possano essere protetti e che chi commette crimini nei loro confronti venga chiamato a rispondere delle proprie azioni.
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