Ultimo aggiornamento il 12 Dicembre 2023 by Redazione
“Anna”: il primo caso di suicidio assistito in Friuli Venezia Giulia
«Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere». Queste sono le parole di “Anna”, nome di fantasia di una donna di 55 anni affetta da sclerosi multipla, che è morta nella sua casa a Trieste dopo aver ottenuto il permesso per il suicidio assistito. L’Associazione Luca Coscioni, che ha seguito il suo caso, ha diffuso un messaggio dopo la sua morte, avvenuta il 28 novembre. Questo è il primo caso in Friuli Venezia Giulia e anche il primo a livello nazionale completamente finanziato dal Servizio sanitario nazionale. Il Tribunale di Trieste ha ordinato la fornitura del farmaco letale e dell’attrezzatura per l’autoiniezione, mentre un medico volontario dell’azienda sanitaria ha supportato l’azione richiesta.
Le battaglie per il fine vita portate in tribunale
Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Dj Fabo: tre nomi, tre storie, tre persone che hanno scritto la storia del fine vita in Italia. Queste battaglie, che riguardano l’eutanasia, il suicidio assistito e la rinuncia all’accanimento terapeutico, sono state combattute nonostante numerosi ostacoli, mentre il dibattito etico, politico e religioso si infiammava. Molti si sono rivolti ai tribunali per ottenere il riconoscimento del diritto al fine vita, per poter dire “basta” a un dolore diventato insopportabile. Di seguito è riportato un elenco dei casi che hanno animato il dibattito sul fine vita in Italia.
Piergiorgio Welby: pioniere della battaglia per il diritto all’eutanasia, attivista, giornalista, politico e pittore romano. Nel 2006, affetto da distrofia muscolare, chiese di interrompere le cure che lo tenevano in vita, scatenando un acceso dibattito in Italia. Nonostante si sia appellato anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la sua richiesta è stata respinta dal tribunale di Roma. Quella sera, dopo aver salutato i suoi cari, tra cui Marco Pannella e Marco Cappato, Welby fu staccato dal respiratore. Il medico che gli somministrò i sedativi fu accusato di omicidio, ma successivamente prosciolto.
Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo: reso paraplegico e cieco da un incidente d’auto, è morto il 27 febbraio 2017 attraverso il suicidio assistito in una clinica in Svizzera. Chiese aiuto a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che lo accompagnò durante la procedura di morte volontaria. Cappato fu successivamente indagato per aiuto al suicidio, ma assolto nel 2019. La sentenza dj Fabo/Cappato emessa dalla Corte costituzionale ha stabilito che non è punibile chi agevola il suicidio autonomamente.
Federico Carboni: il primo caso di suicidio assistito in Italia. Muore il 16 giugno 2022 alle 11:05. Carboni, tetraplegico a causa di un incidente stradale, ha rivelato la sua vera identità in un video postumo. È morto nella sua casa dopo essersi auto somministrato il farmaco letale tramite un macchinario apposito, finanziato interamente da lui stesso. L’Associazione Luca Coscioni aveva lanciato una raccolta fondi per sostenere l’acquisto dell’attrezzatura.
Conclusioni
Il dibattito sul fine vita in Italia è stato caratterizzato da battaglie legali e da storie di persone che hanno lottato per il diritto di decidere sulla propria morte. I casi di Piergiorgio Welby, Dj Fabo e Federico Carboni hanno suscitato discussioni intense sul tema dell’eutanasia, del suicidio assistito e della rinuncia all’accanimento terapeutico. Nonostante le sfide e le controversie, queste storie hanno contribuito a spingere il dibattito avanti e a far riflettere sulla necessità di una legislazione chiara e umana in materia di fine vita.