Ultimo aggiornamento il 22 Febbraio 2024 by Redazione
Studio Harvard: Effetto Pm2,5 sulla Salute Cardiovascolare
Uno studio condotto da scienziati dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, con la partecipazione di esperti di altre istituzioni negli Stati Uniti, ha evidenziato che non esiste una soglia sicura per l’effetto cronico delle particelle fini Pm2,5 sulla salute cardiovascolare. Tra gli autori dello studio, spicca la presenza della rinomata esperta italiana di biostatistica, Francesca Dominici, attiva presso l’Università di Harvard. Pubblicato su ‘Bmj’, il lavoro ha valutato le associazioni tra l’esposizione prolungata a queste polveri sottili e il rischio di ricovero ospedaliero per specifici sottotipi di malattie cardiovascolari maggiori. Gli studiosi sottolineano che, nonostante manchi una soglia definita, “benefici significativi potrebbero derivare dal rispetto delle linee guida sull’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità“.
Studio di Coorte sull’Esposizione a Pm2,5
Lo studio condotto da Yaguang Wei del Dipartimento di Salute Ambientale dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health e colleghi si basa su una coorte di 59.761.494 adulti statunitensi iscritti al programma Medicare, con un’età di almeno 65 anni, nel periodo 2000-2016. Le stime dell’esposizione a Pm2,5 sono state associate al codice postale di residenza di ciascun partecipante come proxy per l’esposizione.
Risultati dello Studio e Implicazioni
L’analisi ha rivelato che l’esposizione media triennale a Pm2,5 è correlata a un aumento del rischio relativo di primi ricoveri ospedalieri per diverse patologie cardiovascolari, come cardiopatia ischemica, malattia cerebrovascolare, insufficienza cardiaca e altre. Il rischio di ricovero ospedaliero per tali condizioni è aumentato in modo significativo in relazione all’esposizione a Pm2,5, con effetti che persistevano per almeno tre anni dopo l’esposizione. Inoltre, fattori come l’età, il livello di istruzione, l’accesso alle cure mediche e il livello di deprivazione della zona sembrano influenzare la suscettibilità agli effetti dannosi del Pm2,5 sull’apparato cardiovascolare.