Studio rivela il grave impatto del Covid-19 sulla funzione cognitiva a lungo termine - Occhioche.it
L’emergenza sanitaria globale causata dal Covid-19 ha portato a una serie di ricerche finalizzate a comprendere gli effetti della malattia non solo sul corpo, ma anche sulla mente. Un recente studio del Regno Unito ha fornito delle evidenze significative riguardo ai deficit cognitivi post-Covid, suggerendo che i sopravvissuti a ricoveri gravi possono sperimentare una riduzione della funzione cognitiva equivalente a un invecchiamento cerebrale di 20 anni. Questa indagine, la più vasta mai condotta, ha rivelato che i segni del deterioramento possono perdurare anche 12-18 mesi dopo il ricovero.
L’analisi è stata guidata da un team di scienziati dell’Università di Liverpool e del King’s College London, con la collaborazione di esperti di altre importanti istituzioni come l’Università di Birmingham. Questo studio, pubblicato sulla rivista ‘Nature Medicine‘, è parte del consorzio Covid-Cns, iniziativa volta a esaminare le implicazioni neurologiche e neuropsichiatriche del Covid-19. Gli autori hanno coinvolto un campione di 351 pazienti ricoverati per Covid, monitorando le loro condizioni post-ospedalizzazione e confrontandole con quelle di oltre 3.000 soggetti di controllo.
Le osservazioni della ricerca hanno messo in luce che i pazienti ricoverati, sia quelli con complicanze neurologiche acute sia quelli senza, presentavano una cognizione inferiore rispetto a quanto ci si sarebbe aspettati per età, sesso e livello di istruzione. Questa condizione di deterioramento cognitivo è stata correlata a un volume cerebrale ridotto in aree chiave del cervello, evidente dalle scansioni di risonanza magnetica. Ulteriori analisi hanno anche rivelato la presenza di elevate concentrazioni di biomarcatori nel sangue, che suggeriscono un danno cerebrale significativo.
Greta Wood, principale autrice dello studio, ha sottolineato che dopo il ricovero molti pazienti segnalano persistenti sintomi cognitivi, comunemente definiti “nebbia cerebrale”. Tuttavia, fino ad ora non vi era stata evidenza oggettiva per confermare l’esistenza di tali deficit. Wood ha riferito che la ricerca ha messo in evidenza che gli effetti cognitivi negativi trascendono le aspettative, suggerendo un danno cerebrale quantificabile.
I ricercatori Matthew Broome e Thomas Jackson hanno messo in evidenza che i deficit cognitivi osservati sono equivalenti a un normale invecchiamento di oltre 20 anni. Hanno chiarito che i risultati dovrebbero essere contestualizzati nei pazienti studiati, i quali erano stati ricoverati in ospedale per il Covid-19. Nonostante ciò, l’ampiezza dei deficit e la loro correlazione con lesioni cerebrali evidenziate hanno fornito la prova più chiara disponibile fino ad oggi riguardo all’impatto duraturo della malattia sulla salute mentale.
L’esperto di neuroscienze Benedict Michael ha avvertito che il Covid-19 non deve essere considerato solo una malattia polmonare, come spesso si crede. Le complicazioni neurologiche, secondo Michael, colpiscono in modo significativo i pazienti più gravi. Gli autori suggeriscono che queste evidenze pongono una questione cruciale sull’insorgere dei deficit cognitivi a lungo termine e necessitano di ulteriori studi per chiarire le dinamiche in corso.
Le ricerche in corso si concentreranno ora su come i pazienti possano recuperare o deteriorarsi nel tempo e se i meccanismi di danno cerebrale siano specifici del Covid-19 o comuni ad altre infezioni gravi. Gerome Breen del King’s College di Londra ha espresso l’importanza di indagini future per identificare il destino dei pazienti e per sviluppare strategie terapeutiche adatte ai sintomi cognitivi a lungo termine, comunemente segnalati da coloro che soffrono di Long Covid. La comprensione delle relazioni tra la salute cerebrale e il Covid potrebbe fornire importanti indicazioni per affrontare le conseguenze neurologiche di altre infezioni.
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