Ultimo aggiornamento il 12 Aprile 2024 by Francesca Monti
La Sentenza di Secondo Grado: Un’Approfondita Istruttoria
Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo “Xenia”, nato da un’inchiesta della guardia di finanza sul Comune di Riace, si leggono parole che sollevano dubbi sulla reale colpevolezza dell’ex sindaco Mimmo Lucano. Nonostante le accuse di aver gestito illecitamente i fondi destinati ai progetti di accoglienza dei migranti, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha ribaltato la precedente condanna, riducendo la pena a 18 mesi di reclusione per un solo capo di imputazione.
Le Accuse Cadute in Appello: Un’Analisi Dettagliata
Tra le varie contestazioni mosse contro Lucano, il reato più grave era quello di essere il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata alla gestione illecita dei fondi. Tuttavia, le motivazioni della sentenza di secondo grado rivelano che gran parte delle accuse sono cadute, comprese quelle di truffa aggravata, abuso d’ufficio e peculato. I giudici hanno dichiarato non utilizzabili le intercettazioni telefoniche e ambientali e hanno evidenziato la mancanza di prove concrete per molti degli atti illeciti di cui era accusato l’ex sindaco.
Il Ruolo degli Avvocati: Una Difesa Accorata
Gli avvocati di Lucano, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, hanno difeso con forza l’innocenza del loro assistito, dimostrando la fragilità delle prove a carico dell’ex sindaco. In particolare, per quanto riguarda l’accusa di associazione a delinquere, i legali hanno dimostrato l’assenza di un accordo di natura delittuosa tra gli imputati. Anche per la truffa aggravata è emersa la mancanza di elementi costitutivi del reato, mentre per il falso ideologico e il peculato le determinate contestate non sono state ritenute funzionali alla commissione dei reati.
Il Verdetto Finale: Un’Epilogo Controverso
La decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria ha scosso l’opinione pubblica, dividendo chi sostiene la colpevolezza di Lucano da chi crede nella sua innocenza. Le motivazioni della sentenza, pur non confermando la presenza di una struttura associativa criminale né di un arrembaggio alle risorse pubbliche, lasciano comunque aperti dei dubbi sulla correttezza delle azioni dell’ex sindaco di Riace. Resta ora aperto il dibattito sul caso “Xenia” e sulle implicazioni che questa sentenza potrà avere per il futuro della giustizia italiana.