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Venezia 81: il film “queer” di Luca Guadagnino svela il lato oscuro di Città del Messico negli anni ’50

Il nuovo film di Luca Guadagnino, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, è un’opera audace e provocatoria che trae ispirazione dal romanzo “Queer” di William S. Burroughs. Con un cast di altissimo livello, tra cui l’ex James Bond Daniel Craig, il film offre una visione intensa e affascinante della vita di un americano espatriato a Città del Messico durante gli anni ’50, esplorando temi di solitudine e desiderio. Scopriamo insieme i dettagli di questa produzione che promette di fare discutere.

L’ambientazione del film: omosessualità e sregolatezza nella Città del Messico degli anni ’50

La storia di Lee e Eugene

Il film “Queer“, ambientato in un contesto storico complesso, racconta la vita di Lee, un scrittore americano interpretato da Daniel Craig. Immerso nella corrotta e vibrante Città del Messico degli anni ’50, Lee lotta con la sua dipendenza da sesso e oppiacei. La sua vita prende una piega inaspettata quando incontra il giovane Eugene Allerton, interpretato da Drew Starkey. Questo incontro trasforma la sua esistenza in un’attrazione fatale, portandolo a esplorare non solo il territorio dell’amore, ma anche i limiti della sua stessa anima.

Le immagini di una Città del Messico sfarzosa e decadente vengono messe in risalto grazie a una ricca produzione che ha visto parte delle riprese effettuate a Cinecittà. I costumi, creati dal talentuoso costumista Jonathan Anderson, insieme alla scenografia di Stefano Baisi, ricreano fedelmente l’epoca, immergendo gli spettatori in un’atmosfera affascinante e turbolenta.

L’approfondimento dei temi trattati

Guadagnino non si limita a raccontare una semplice storia d’amore; invece, infonde nel film una profonda riflessione sulla solitudine e sull’identità. Con riferimenti al pensiero del filosofo György Lukács, il film invita il pubblico a considerare il concetto di solitudine umana. La frase “amiamo e moriamo in solitudine” pronunciata da Tilda Swinton nei confronti di Guadagnino, reintegra un senso di angoscia e introspezione, che caratterizza il percorso del protagonista.

L’omosessualità, in questo contesto, viene rappresentata con una sensibilità e un’umanità che sfidano gli stereotipi dell’epoca. Il film si scontra con la terminologia e le etichette di allora, invitando gli spettatori a considerare le sfide che affrontava la comunità LGBTQ+ nel contesto storico, lasciando un messaggio forte e chiaro sulla necessità di comprendere e accettare la diversità.

I legami tra il cinema e l’opera di Burroughs

L’influenza di William S. Burroughs

Luca Guadagnino ha sempre avuto una relazione speciale con l’opera di William S. Burroughs, considerato uno dei padri della Beat Generation. “Queer” è il risultato di una lunga ricerca per ottenere i diritti di adattamento di un lavoro che ha segnato la sua giovinezza. L’arrivo di questo progetto è un sogno che si avvera per il regista, in quanto ha passato anni a maturare l’idea di portare sul grande schermo il romanzo che ha pervaso la sua adolescenza.

Burroughs scrisse in un tempo in cui l’omosessualità era spesso condannata e ostracizzata dalla società. Guadagnino, nel suo adattamento, riesce a mantenere viva l’essenza provocatoria e provocatrice dell’autore, rendendo il pubblico partecipe di una narrazione che non si limita a presentare la vita gay di quel tempo, ma la interseca con emozioni universali, in un ritratto di vulnerabilità e di ricerca di libertà che ci riguarda tutti.

L’approccio di Guadagnino alla narrazione

In un’intervista, Guadagnino ha parlato del suo desiderio di realizzare un film che andasse oltre un semplice resoconto storico. Voleva che la narrazione fosse autentica e che catturasse l’essenza della fragilità umana. La dichiarazione dell’attore Daniel Craig riguardo alla realizzazione delle scene di sesso rivela come il regista e il cast abbiano cercato numerosi modi creativi per esprimere l’intimità, sfidando le convenzioni cinematiche.

Questa opera non è solo un’illustrazione della vita di Burroughs, ma anche un tentativo di ricreare un senso di appartenenza e comprensione attraverso la sua complessità emotiva. L’idea che il vero nucleo della narrazione risieda nella connessione tra i personaggi, piuttosto che nei temi scabrosi che potrebbero contraddistinguerla, pone “Queer” in una luce assolutamente nuova.

L’attore protagonista e il suo approccio audace

La trasformazione di Daniel Craig

Daniel Craig, che ha interpretato il celebre James Bond, ha accolto con entusiasmo l’opportunità di lavorare con Guadagnino. Interpretare Lee, un personaggio così diverso dal suo alter ego di 007, ha rappresentato per lui una sfida stimolante. Il suo approccio all’interpretazione di un personaggio omosessuale ha già suscitato discussioni, mostrando una volontà di abbracciare ruoli che spingono il pubblico a riflettere.

La sua affermazione di non sentirsi vincolato dalla sua immagine pubblica e di scegliere ruoli che lo mettono alla prova, riflette un afflato di creatività e di audacia che è raro nel panorama cinematografico odierno. Craig incarna un personaggio complesso, portando sullo schermo non solo un’interpretazione viscerale, ma anche una profonda umanità, che rende il suo personaggio incredibilmente vivido e memorabile.

Le reazioni del pubblico

La prima alla Mostra di Venezia ha già suscitato reazioni contrastanti, con alcuni critici prontamente entusiasti e altri più scettici. Tuttavia, come ha sottolineato Guadagnino, il potere di “Queer” risiede nella sua capacità di provocare discussione. Le aspettative per il film sono alte e una volta che raggiungerà le sale italiane sotto l’etichetta di Lucky Red, ci si aspetta una risposta forte da parte del pubblico, un’ulteriore conferma che il cinema può e deve affrontare tematiche controverse con onestà e integrazione.

Il film di Guadagnino, fortemente ancorato alla cultura letteraria, si appresta a diventare una pietra miliare della ritrattistica contemporanea, invitando a una riflessione profonda sulle relazioni umane e sulla ricerca di connessione in un mondo che spesso sembra dividere anziché unire.

Giordana Bellante

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